Elizabeth Fensham; trad. di L. Serratore
Mondadori, 2008, p. 150
€ 12,00 ; Età: 12-14 anni
Centotre giorni, da sabato 6 maggio a sabato 19 agosto, l’arco di tempo in cui Pete annota i suoi pensieri, racconta le fughe e i continui spostamenti, lascia che il suo cuore parli, lascia che il dolore scorra insieme alle lacrime. L’arco di tempo in cui Pete, il figlio, tiene per mano il padre.
Il romanzo ha inizio in un capanno degli attrezzi in fondo a un giardino: qui vivono nascosti, rifugiati abusivamente per sfuggire all’“organizzazione segreta” che dà loro la caccia. Ogni rombo di elicottero li fa sobbalzare, ricorda loro un pericolo, una minaccia che potrebbe piovere dal cielo. Come fosse l’inizio di una spy story. Ma, pagina dopo pagina, si entra nella storia di queste due vite: una adulta, sconvolta dalla malattia mentale e una piccola, ancora da sbocciare e già tanto segnata.
I nemici cui cerca di sfuggire l’uomo sono chiusi nella sua mente, fantasmi così reali e angoscianti da tenere intrappolato anche il ragazzino. Pete asseconda suo padre, ha paura con lui e per lui, accetta di seguirlo nelle sue continue fughe, di perdere la casa, i giochi, la scuola, una calda quotidianità, insieme a tutte le figure adulte che gli hanno dato affetto. Bisogna sempre nascondersi, fuggire, cercare il cibo, e per Pete tutto questo è normale. La sua unica preoccupazione è che il papà sia tranquillo, e tranquillo si sente il ragazzo quando la sua mano stringe quella del padre. Un rapporto difficile, ambivalente, dove adulto e bambino si scambiano i ruoli di continuo. Pete non è in grado di distinguere tra la realtà e le allucinazioni del padre, lo segue in quegli incomprensibili labirinti perché è l’unica persona che gli sia rimasta.
Pete, nelle lunghe ore in cui ascolta gli assalti della fame o le fatiche di una vita troppo difficile per un adolescente, alleva topolini, legge, scrive e ricorda la luminosità del suo breve passato.
Poi finalmente Pete può smettere di correre senza mai voltarsi, passando attraverso le difficoltà di un affido e la separazione dal padre. Fino a quando, un giorno, potranno di nuovo passeggiare insieme nel parco tenendosi per mano. E ritrovarsi.
Il romanzo di Elizabeth Fensham è un libro duro, difficile, importante. Non è facile dire a quale età sia destinato, ma sicuramente è un libro da leggere per l’immagine che riesce a dare della malattia mentale, per come follia e normalità siano così strettamente intrecciati.
Paola Bertolino
(da LiBeR 80)