Dieci dita alle mani, dieci dita ai piedini è un libro decisamente ben riuscito: perfetto per intonazione, linguaggio, tema, illustrazione, layout complessivo. Puoi raccontarci come è nato?
Nel corso di molti anni di esperienza ho imparato quale profonda attrazione eserciti sui bambini una lingua scritta di buona qualità e quanto poco interesse i bambini abbiano per una lingua banale o approssimativa. La lingua di qualità li incanta, quella banale li annoia a morte, anche perché si accompagna a trame scontate, a finali insoddisfacenti, a personaggi insipidi, a tematiche usurate. Tutto questo è, purtroppo, il tipo di scrittura che si produce con più facilità. Anche per me è stato così. Alcuni anni fa ero talmente sfiduciata circa il mio futuro di scrittrice che ho, per così dire, rassegnato le dimissioni al mio editor in California e al mio agente a Melbourne. Non sopportavo più di scrivere, con fatica, cose che io stessa consideravo mediocri. La decisione di smettere mi ha liberata dall'ansia e infatti dopo nemmeno una settimana, durante un lungo viaggio di ritorno dall’America, ho scritto due nuove storie. Di solito mi occorrono due anni per scrivere un libro e invece, quasi per miracolo, all’improvviso, sono arrivate due nuove idee, trasformate in scrittura in 40 ore. Entrambe le storie sono state accettate: ero una scrittrice rinata. Una era Dieci dita alle mani, dieci dita ai piedini. Le buone idee sono rare e vengono dal cuore, non dalla testa, di solito per via indiretta. Quella per Dieci dita arrivò in seguito a un laboratorio per genitori che avevo tenuto a Boston. Mentre firmavo le dediche sui libri, vedevo i bambini che i genitori tenevano in braccio e che sembravano essere giunti dai quattro angoli della terra: vedevo dita scure e affusolate o rosa e paffute, piccoli visi neri o bianchi, teste prive di capelli o piene di capelli dritti o ricci neri o biondi. Queste differenze e somiglianze, che appartengono alla grande famiglia del genere umano, devono essersi impresse nella mia memoria e credo che questo libro colpisca nel segno proprio perché nasce da un avvenimento autentico della mia vita. Certo le mie parole non sarebbero state così efficaci senza il corredo di buone illustrazioni.
A che punto e come si è sviluppato il rapporto con Helen Oxenbury?
In genere non lavoro con i miei illustratori, spesso non li conosco o non li incontro nemmeno, ma quando mi fu detto che Helen Oxenbury aveva accettato di illustrare Dieci dita alle mani, dieci dita ai piedini mi sentii così onorata e felice! Le sue tavole sono perfette. Ci volevano bambini veri, quelli che Helen sa raffigurare così bene. Cuccioli di animali o immagini stilizzate non avrebbero potuto funzionare altrettanto bene perché la mia storia era cominciata con bambini veri e bambini veri dovevano illustrarla.
Fare libri ben riusciti per bambini piccoli non è compito facile: spesso si ha l'impressione che si pubblichino libri senza davvero sapere cosa i bambini potranno ricavare da essi. Mi riferisco soprattutto ai primissimi libri: ci sono regole certe? Sono meglio le immagini fotografiche o le illustrazioni? Meglio tinte pastello o colori forti? Quanto è importante il contorno nero alle immagini per farle meglio risaltare?
Concordo sul fatto che molta produzione sia dettata solo da scopi commerciali. Quanto alle regole, non saprei. Le foto non mi piacciono, anzi, le trovo spaventose. Non contribuiscono a formare nel bambino il gusto per la bellezza del prodotto artistico. Le foto nei libri per bambini hanno poco o nulla di artistico, sono solo vecchie foto noiose. Quanto ai colori, penso che vadano bene entrambe le cose. Ma più brillanti sono i colori, meglio è.
Il contorno nero invece è pochissimo importante! Lo ritengo superfluo e mi dà l'impressione di qualcosa di pigro o di poco creativo. Ai bambini si deve offrire il meglio che c'è: le illustrazioni dei loro libri devono essere vere e proprie opere d'arte, con la stessa dignità di Van Gogh, Caravaggio o Monet. Vietato pensare che per i bambini possa bastare qualcosa di meno!
Libri di grande qualità dunque e tuttavia, quanto può essere secondario questo fattore rispetto al fatto che un adulto condivida il libro con il bambino rendendolo così comprensibile, apprezzabile, piacevole, amato?
Nessun genitore riuscirà mai a convincere un bambino della bellezza di un libro a meno che quel libro tratti un argomento, crei un personaggio, usi parole e immagini che davvero si pongono in relazione con il bambino stesso. Molti autori di libri per bambini, secondo me, cadono nella trappola di creare libri per bambini per adulti. Il risultato è che questi libri ai bambini non piacciono e rimangono invenduti.
Quali autori di libri cartonati ti sentiresti di raccomandare?
Non ci sono molti autori di primi libri nel mondo anglosassone: succede che un albo illustrato di successo per piccolissimi venga riprogettato e diventi un libro cartonato, di solito per aumentare le vendite.
Quali strategie adotteresti per aiutare i genitori a scegliere i libri migliori?
L’unico modo davvero efficace è quello di leggere ai genitori stessi i libri che abbiamo ragione di ritenere migliori. E bisogna leggerli con gioia, vivacità, entusiasmo e autentico divertimento.
(da LiBeR 88)