Dio di illusioni (1992)
di Donna Tartt, 1963-
Ogni insegnante sa di poter deludere i propri alunni, se poi è abbastanza vecchio, disincantato, esperto, navigato, è sicuro che prima o poi li deluderà. Ma l'insegnante che può diventare "dio di illusioni" è invece un insegnante raro, pieno di complesse caratteristiche, ricco di componenti quasi impossibili da decifrare. Scritto da una ragazza - che con questo libro conseguì un successo mondiale incredibile ma non si lasciò traviare e produsse poi un solo altro romanzo - il libro è una delle opere migliori di quel filone scolastico che rappresenta una delle grandi partizioni della letteratura.
Nelle pagine di questo libro è raccolta, con minuziosa passione, una vicenda che, con modi e tempi diversi hanno vissuto tutti quelli che, più o meno lungamente, sono stati a scuola. È infatti impossibile non illudersi mai, non creare miti, non elaborare stereotipi la cui credibilità può anche essere inesistente. L'evoluzione, la crescita, la coscienza di sé, ma anche l'accettazione acritica del proprio narcisismo, decidono poi il destino del rapporto dell'alunno con il docente, così come si legge non solo in opere di finzione ma in memorie dettagliate, documentate, credibili. Il "dio di illusioni" è reso complesso dalla impossibilità, che è pedagogica, di definire quali suoi atteggiamenti e quali contributi degli alunni hanno contribuito a porlo sull'altare. E poi c'è il contesto, che è il topos forse più noto nel cinema, nei romanzi, nei fumetti, nelle canzoni, nei prodotti televisivi: è sempre il college, spazio offerto a infinite rivisitazioni, luogo di gioie e di tormenti, insostituibile teatro di molte iniziazioni. Gli adolescenti indotti a leggere questo romanzo, troveranno nelle sue pagine larga parte di sé, avvertendo che esiste un'età, che esiste una sfera di rapporti, che esistono occasioni a cui non si sfugge.
L'attimo fuggente di Peter Weir del 1989 è il naturale completamento filmico del libro.
Il pittore di riferimento è Joseph Cornell (1903-1972)