E le stelle stanno a guardare (1935)
di Archibald Joseph Cronin, 1896-1981
Medico egli stesso tra i minatori del Galles, Cronin ha collocato in questo romanzo l'attenta osservazione di un mondo fortemente emblematico, perché la miniera è uno degli spazi, non solo reali ma anche immaginativi, in cui scrittori, pittori, registi cinematografici hanno saputo trovare dignità, sofferenza, coraggio, e anche mistero e grandezza. Con l'evidente pessimismo del titolo, in cui si palesa l'indifferenza del mondo nei confronti di chi fatica, soffre, muore, Cronin ha però voluto rendere, con accigliata onestà, anche il senso di una singolare avventura umana, perché il suo protagonista si impegna nella lotta sindacale e politica, esce dalla miniera, viene eletto deputato, ma la forza bruta di una società che non consente ascesa e mobilità lo riporta poi laggiù, con la pallida luce indifferente di stelle vere e metaforiche.
Un libro molto adatto per narrare all'adolescenza quanto seria, dura, impegnativa sia la vita e come non si possa evitare di dotarsi di una capacità di soffrire, di combattere, di non fuggire di fronte all'implacabile severità degli eventi.
Si deve accostare il Cronin severissimo cronista delle nefandezze della medicina, quello del romanzo La cittadella, al Cronin che descrive i minatori, ma anche Anni verdi può completare un itinerario di lettura adatto agli adolescenti.
Il capolavoro del regista tedesco Georg Wilhelm Pabst, La tragedia della miniera, del 1931, può completare un intenso e coerente itinerario. Ma, fra i non pochi romanzi "minerari", quello che appare più misterioso e seducente è senza dubbio il troppo poco conosciuto Le indie nere, di Jules Verne, con il quale si può utilmente affiancare alla diagnosi sociale di Cronin l'inarrivabile potenza visionaria dello scrittore francese.
Il pittore di riferimento è Lovis Corinth (1858-1925)