Cronache di poveri amanti (1947)
di Vasco Pratolini, 1913-1991
Con la narrazione minuziosa, sapiente, indagatrice di ciò che accade in una piccola strada di Firenze, via del Corno, dove ogni abitante è reso con umana partecipazione, intensità psicologica e piena adesione antropologico-culturale, Pratolini ci dà una lezione valida ancora oggi. Ovvero ci insegna che il modo migliore per osservare i grandi eventi è quello di riferirsi alle piccole cronache del quotidiano, alla minuziosa indagine di vicende sempre indegne di ottenere spazio nei libri di scuola. Solo apparentemente, però, la piccola patria fiorentina di via del Corno, dove i poveri amanti vedono scorrere le loro giornate, è da considerarsi marginale e sottratta al peso dei grandi eventi. Perché le "cronache" si delineano mentre il fascismo completa la conquista del potere, e i fascisti fiorentini sono in molti modi determinanti nel portare il loro movimento alla marcia su Roma, al delitto Matteotti, alla creazione autentica della dittatura.
Per un uso didattico delle "cronache" è così indispensabile ricondurle alla Storia, sia per mezzo di altri libri di Pratolini, come Lo scialo, sia con un'attenta ricognizione dei fatti riferibili alle origini del fascismo e a come la dittatura permeò di sé le cronache povere di una vita appartata.
L'esercizio che consente di collegare via del Corno con il fatale balcone di Palazzo Venezia è di quelli che stabiliscono una regola nella pedagogia della lettura, transitando dal piccolo al grande. Poi c'è la sapienza linguistica dello scrittore fiorentino che ci consente di opporsi nettamente alle squallide cronache narrate ogni giorno dai telegiornali, e anche questa componente è da far risaltare, perché è una delle anime pedagogiche del romanzo. Via del Corno, infatti, è l'Italia.
Il pittore di riferimento è Ottone Rosai (1895-1957)