L’isola di Arturo (1957)
di Elsa Morante, 1912-1985
Per l’adolescente, suggerisce la scrittrice, la vita è solo mistero, è solo ombra, è un succedersi di agguati, di sorprese tenebrose, di sconcertanti acquisizioni. E un’isola è il teatro naturale di questa commedia che va avanti, di atto in atto, sempre con nuove prese di coscienza dirette verso quel mistero finale che completa l’itinerario nell’ombra, nel buio, nel dolore. La stessa Elsa Morante ha poi creato lo scenario storico-politico sul quale collocare il suo Arturo: La Storia, infatti, contiene date, esempi, trame, episodi che dicono quale sia l’Italia che contiene l’isola del suo adolescente.
I momenti che si succedono nella vicenda di Arturo sono arcani, densi di fascino, ricchi di misteriose implicazioni, però è sempre possibile ricondurli ai grandi paradigmi che ritmano il percorso adolescenziale. L’attenzione che è rivolta a questa età, fondamentale in ogni vita, non sembra adatta, secondo la Morante, a cogliere davvero il senso di certi atteggiamenti o di certe sorprendenti esibizioni. Così ha costruito essenzialmente un ritmo dotato di una speciale capacità di attrazione che ci conduce proprio all’interno di quella dimensione tanto vietata agli adulti e così circoscritta da sembrare, appunto, un’Isola.
Dal lontano 1957, non ci sono stati veri cambiamenti entro questo itinerario fatto soprattutto di passaggi, di attraversamenti, di perigliosi appuntamenti. L’adolescenza dev’essere ancora guardata così, con l’occhio disponibile e partecipe di una scrittrice che osservò per tutta la vita il dolore degli umili e la distanza della diversità.
In una lettura adolescenziale, questo libro può diventare il vero sostituto degli antichi riti di iniziazione perché di essi ha la qualità antropologico-culturale, mentre conserva anche l’arcano sapore del Rito, quello in cui appaiono tanto i sacrifici realizzati, quanto il mistero disvelato, secondo una proposta che lambisce tutte le adolescenze.
Il pittore di riferimento è Carlo Carrà (1881-1966).