Eccoti di nuovo a raccontare una fiaba classica con immagini contemporanee. Da dove è nata questa idea?
Tutto è cominciato nel 1998 quando ho illustrato Riccioli d’oro e i tre orsi in occasione della mostra curata dall’associazione Le trois Ourses in omaggio a Rojankovsky, a Parigi.
Rileggendo la fiaba pensai subito che questa bambina che trova una sedia troppo dura, una troppo morbida, un tavolo troppo grande è in effetti una perfetta critica di design e così pur ispirandomi molto, anche nella copertina, al libro classico di Rojankosky, ho arredato la casa dei tre orsi con oggetti della storia del design del xx secolo. L’albo è nato così, poi è stato pubblicato in Francia da Seuil, in Italia da Corraini e in altri paesi.
E I tre porcellini? Come hai letto, riscritto e interpretato visivamente questa storia così amata e popolare?
Con la fiaba dei tre porcellini è accaduto qualcosa di molto simile: evidentemente i tre sono architetti, ognuno ha un proprio stile riconoscibile nel costruire la propria casa, un carattere, una relazione dialettica con gli altri e con il lupo. Li ho immaginati ispirandomi ai ritratti dei tre celebri architetti del XX secolo: Le Corbusier, Frank Gehry, Frank Lloyd Wright. La fiaba classica si prestava a inventare e comporre nella pagina, come su un palcoscenico, scenografie ispirate al design e all’architettura contemporanea. È stato molto divertente. Ho trattato il testo classico con assoluto con rispetto, il libro non è un esercizio di virtuosismo o erudizione né uno scherzo. Ho voluto interpretare la versione originale e più antica che ho trovato, quella completa dove c’è la serra, l’orto, il mercato. Ho prestato semplicemente la mia voce e immaginazione per costruire, esattamente come fa un regista, la storia per immagini in successione, attraverso la scelta di oggetti, forme, attori. Il lupo per esempio è Philippe Stark, anche se nel libro non c’è bisogno di dichiararlo, il ragazzaccio del design contemporaneo. Per esempio la casa materna dei tre porcellini è quella degli architetti Greene che nella storia ha dato l’avvio all’architettura contemporanea. Le case dei tre porcellini sono creazioni dei tre architetti: la prima fatta di scarti, la seconda di vetro, la terza di cemento. Per la serra dei pomodori ho disegnato la piramide del Louvre. Per il mercato ho immaginato un mercatino delle pulci che ho potuto “arredare” con oggetti che mi sembrava divertente far conoscere ai bambini. C’è una chiara intenzione didattica invece nei risguardi dell’albo: qui i lettori trovano una guida degli oggetti e delle case ritratti nel libro, un modo per conoscere la storia del design e dell’architettura contemporanea. All’interno dell’albo ho scelto di usare tinte chiare, morbide, colori pastello: ho lavorato solo ad acquerello e su un fondo chiaro. Spero molto che piaceranno ai bambini, il libro è per loro.
Ci si interroga molto finalmente anche in Italia sul mestiere dell’illustratore. Cosa ne pensi?
L’illustratore oggi, è questa la convinzione centrale del nostro Dipartimento, è prima di tutto e sempre un narratore. Si può raccontare in molti modi, secondo codici e media diversi. L’illustrazione nei libri per bambini in particolare è sempre, o deve essere sempre, racconto. Può essere astratta, intessere rapporti differenti con il testo verbale: sostituirlo come nei wordless book; può intrecciarsi al testo per rafforzarlo o giocare per contrapposizione, paradosso, distanza. Trovo uno spazio di creatività speciale quando il testo è sintetico, allora le parole evocano immagini e la pagina diventa spazio di invenzione. Sono anche così affascinato dalle fiabe classiche, per la loro struttura perfetta, penso per esempio alla ripetizione del numero tre (vedi “The rule of three”, in C. Booker. The Seven Basic Plots. Why we tell stories, London, Continuum International Publishing Group, 2005) e alla loro forza narrativa, che sogno di fare una sorta di quadrilogia dei mestieri del design fiabesco: se Riccioli d’oro è una critica del design e i tre porcellini sono architetti, allora Cenerentola è alle prese con la ricerca della scarpa perfetta e posso immaginare il re nudo come uno che vuole poter inventare tutti i costumi possibili e impossibili, uno stilista dalla creatività irrefrenabile.
E quando l’albo incontra il bambino?
La lettura dell’albo illustrato è una esperienza concreta per il bambino e può essere molto completa: è l’incontro con storie raccontate da un estraneo, l’autore, e forme e figure sconosciute altrettanto nuove, è l’occasione per condividere un testo con altri lettori, è soprattutto un’esperienza diretta del corpo, della pagina, delle immagini, della sequenza e del ritmo. Il libro è un catalizzatore che attiva una esperienza, non spiegazione ma offerta di esperienza diretta. L’unicità dell’albo illustrato sta proprio nella sua specifica sintesi di linguaggi, nella combinazione dei molti elementi che ne fanno non solo la prima galleria d’arte, ma l’accesso all’incontro con poesia, letteratura, le narrazioni con cui l’uomo racconta il mondo da sempre, le voci degli altri da noi.
Steven Guarnaccia - Fiabe classiche con design contemporaneo
Intervista di Marcella Terrusi a Steven Guarnaccia, designer, illustratore, professore e direttore artistico per il New York Times, Chair del dipartimento di illustrazione alla Parsons The New School for Art and Design, creatore del Riccioli d’oro e i tre orsi di Corraini, albo inusuale dove il design contemporaneo incontra la fiaba classica, premiato con il BolognaRagazzi Award nel 2000.