Helen Bannerman, ill. di Fred Marcellino
L’ippocampo
(L’Oriente dei piccoli)
€ 9,90 ; Età: da 3 anni
Il gran coraggio del piccolo Babaji è stato pubblicato la prima volta nel 1899 con il titolo The little black Sambo ed è ancora un simpaticissimo racconto – in Francia è considerato da sempre un “classico” – che, abbandonata la magia, mette in risalto le furbizie del protagonista.
Un giorno la mamma confeziona a Babaji “una bella giacchina rossa e un bel paio di calzoncini azzurri”.
Il papà gli compera “un bell’ombrello verde e un bel paio di scarpette malva con le suole e le fodere scarlatte”. Scattata la fotografia ricordo, Babaji decide di andare a spasso nella giungla (che è appena fuori casa perché siamo in India), dove i protagonisti hanno la pelle scura: da qui il titolo del libro nel 1899. La lunga passeggiata del piccolo protagonista subisce una brusca interruzione perché una tigre sbuca all’improvviso e gli dice che vuole mangiarlo. “Oh no, Signora Tigre! – disse il piccolo Babaji – la prego, non mi mangi! In cambio le regalo la mia bella giacchina rossa!”. La tigre si fa convincere, indossa la giacchina rossa e dice “Ora sono la tigre più stupenda della giungla”.
Babaji incontra un’altra tigre che vuole mangiarlo ma le propone di regalarle i suoi calzoncini azzurri. Offerta accettata e anche questa tigre pensa di essere la più stupenda della giungla. Babaji incontra altre due tigri: per salvarsi a una regala le scarpette e con la quarta si salverà con il dono dell’ombrello verde. Il bambino piange disperato perché è rimasto soltanto con le mutandine dopo essere stato felice con i suoi vestiti nuovi. A un tratto, però, sente un orrendo Gr-r-r-r-r-rrrrrrr e teme che le tigri tornino per mangiarlo. Invece le tigri litigano fra loro e si azzannano perché ognuna vuole essere “la più stupenda”. Si tolgono i vestiti, le scarpe e l’ombrello di Babaji, si afferrano per la coda e cominciano, molto arrabbiate, a girare sempre più svelte attorno a un albero di palma. Il caldo e il vortice provocato dalla rincorsa squaglia le quattro tigri e le riduce in una pozza di burro fuso, quello che in India si chiama “ghi”.
Babaji recupera felice i suoi abiti e il suo papà raccoglie il burro, che la mamma userà per friggere un’ enorme quantità di frittelle. Una storia divertente, ancora attualissima, con illustrazioni semplici ma di rara efficacia.
Roberto Denti
(da LiBeR 79)