Sebastiano Ruiz Mignone, ill. di Manuele Fior
Piemme, 2007, p. 156
(Storie e rime)
€ 9,00 ; Età: da 8 anni
Mignone è un devoto cultore di Stevenson a cui ha voluto dedicare un omaggio, con leggerezza e piacevolezza, mescolando fatti veri e inventati. L’autore immagina una vicenda cruciale degli anni di formazione, quasi un rito d’ingresso nella vita adulta del tredicenne Luly, gracile e malaticcio, costretto a fare del letto una nave per i suoi sogni di avventure. Che ora, però, si reca col padre e il cugino Bob in Puglia, nell’Isola Grande, per installare un faro sullo scoglio Testadimoro.
E qui l’autore combina una gustosa “insalata” di avventure, con luoghi, situazioni, nomi e personaggi veri o addirittura storici, alcuni inventati o che ne prefigurano altri che faranno la loro apparizione più tardi. Ci sono l’isola, un cuoco che sembra un pirata, i briganti che infestano il Paese dopo l’Unità e che rapiscono i due ragazzi che però fuggono rocambolescamente, Jessie White Mario giornalista e collaboratrice di Garibaldi, un dottorino siciliano che si chiama Pitrè, uno scienziato pazzo che si chiama Hyde, metà Robinson e metà Ben Gun. E il tesoro? Luly e Bob giocano ai pirati, si chiamano Capitan Kidd e Morgan, abbordano galeoni carichi d’oro. Cercano il tesoro dell’avventura nel mare dell’immaginazione. Un giorno Robert, oramai adulto e sposato, giocando con l’amatissimo figliastro Lloyd, comincerà a disegnare la mappa di un’isola immaginaria simile a un drago e a delineare la trama di una storia che si sarebbe rivelata un vero e proprio manuale di archetipi del romanzo di avventure (e non solo). Anni dopo, a Henry James che sosteneva l’inverosimiglianza di quella storia perché lui da bambino non era mai andato a caccia di tesori, Stevenson rispose: “Se il signor James non ha mai cercato tesori nascosti, vuol dire che non è mai stato un bambino.”
Il padre era un ingegnere costruttore di fari, come il nonno e lo zio, ma, seguendo la natura celtica, avventurosa, fiabesca del suo animo, raccontava storie di pirati, tesori, spettri, navi maledette a Luly. Che ascoltava, così come aveva ascoltato nel suo letto/nave la voce della nutrice mai dimenticata, Cummy. Robert restituì questo dono dell’ascolto e del racconto di miti e leggende scozzesi agli indigeni di Samoa, dove si era rifugiato per combattere la malattia ai polmoni e dove venne chiamato Tusitala, colui che narra (Tusitala, il narratore, appunto, è l’affascinante biografia che Roberto Mussapi ha scritto, non da storico ma da poeta qual è, per Ponte alla Grazie).
Fernando Rotondo
(da LiBeR 78)