L’arte: conversazioni immaginarie con mia madre
Juanjo Saez
trad. di S. Sichel
Salani, 2007, 259 p.
€ 22,00; Età: da 11 anni
Di questo libro si è parlato molto, non solo in Italia e non solo in Spagna, dove nasce per opera del giovane e talentuoso autore.
Prima di tutto la sua collocazione estetica, la definizione possibile, incuriosiscono: è infatti una sorta di graphic diary, una dichiarazione di poetica grafica anagrafica narrativa umoristica e familiare, una raccolta di conversazioni immaginarie, un monologo interiore con figure e problemi della creazione artistica.
Il raffinato disegnatore-narratore spagnolo racconta con il segno, il baloon, la didascalia, la scrittura autobiografica e teorica il suo rapporto con l’arte, come storia di uomini e opere, creazione e fruizione. Il testo è molto interessante dal punto di vista visivo, per sintesi ed efficacia comunicativa. È molto gradevole alla lettura, perché ironico, malinconico, lirico. Risulta a tratti naif nel racconto della storia dell’arte, nella presentazione di alcuni artisti, ma lo fa, ci sembra, con consapevolezza. Perché questo libro vuole stare nello spazio della finzione, per poter raccontare al meglio la soggettività di percezioni, di sensazioni, dell’impegno nella ricerca di un senso. Ecco perché l’interlocutore, speculare quanto distante, diverso quanto essenzialmente vicino, è la madre. Una madre vera, di carne, di pochi studi, di medie curiosità, facile preda del luogo comune ma insieme autenticamente madre, donna, cercatrice a sua volta di senso.
Le opere d’arte e le torte, il tempo ampio della storia, da cui emergono oggetti e volti che catturano e cercano la bellezza, l’essenza più profonda del produrre e del creare da una parte, e dall’altra il tempo della cura femminile, davanti alla malattia, davanti al corpo, davanti alle domande: ecco i poli ideali che cullano la speciale atmosfera di questo libro agile, che diventa facilmente familiare al lettore. Un libro che cerca i suoi lettori da solo, che attrae, un testo da proporre a tutti, agli adolescenti in particolare, perché colloca il luogo della creatività, della ricerca del pensiero e dei sensi, molto vicino a un luogo troppo frequentato e insieme impopolare, cioè, per dirla con i romantici, il cuore.
Marcella Terrusi
(da LiBeR 77)