Alfredo Stoppa, Pia Valentinis
Orecchio acerbo, 2007, 44 p.
€ 12,00; Età: da 6 anni
I numeri due e sei sono significativamente ricorrenti in questo libro.
Sei sono, ripetuti fino alla penultima pagina del testo, gli anni del bambino protagonista: il finale del racconto appartiene a un dodicenne.
Il numero due, più ricorrente, in apertura concerne gambe, braccia, mani, piedi e occhi del bambino e alcuni oggetti e animali che ha attorno a sé, all’insegna dell’uguaglianza. Più avanti lo stesso numero riguarda i due nonni e i loro occhi, che sono diversi. Su questa diversità si concentrano i ritratti fisici e spirituali dei due uomini e i loro occhi diversi sono metafora evidente del loro modo di guardare la vita. Uno è il “nonno potente”, ricco, imperativo, col mito del successo, mentre l’altro è il “ nonno gentile”, dolce, fantasioso, un po’ bizzarro, amante delle piccole cose.
La diversità tra i due si accentua se per caso si incontrano: il potente guarda l’altro e ride a più non posso; il gentile sorride e si mette a leggere.
Il bambino non giudica. Accetta il potente senza entusiasmo o insofferenza e predilige silenziosamente il gentile.
Il gioco accorto della diversità allude lieve, quasi furtivo, ai valori della vita: si veda quando i due nonni parlano del mestiere del calciatore o quando il bambino non vuol rivelare al potente i suoi brutti sogni, per non esser chiamato fifone, ma li racconta al gentile che partecipa intensamente alle sue paure.
La narrazione scorre con l’alternarsi dei ritratti diversi secondo le occasioni, creando pagine di vita vissuta con intensità, su un ritmo sempre ben sostenuto, quasi una partita di ping pong a colpi ben assestati, per chiudersi in dissolvenza col “viaggio interminabile del nonno gentile”.
Le illustrazioni, tenute su un gioco ben mosso di grigi e neri su piani inclinati, con due pagine a fondi monocromi di un rosso intenso, alternate ad altre in cui il rosso compare solo in piccoli dettagli significativi, sono eloquentissime.
Un colpo d’ala di testo e di immagini segna il finale, con una triste, deserta stazione ferroviaria e con il percorso dell’ultimo treno del nonno gentile che “si ferma a tutte le stazioni del mondo” attraversando una innevata realtà surreale.
Carla Poesio
(da LiBeR 77)