Silvina Ocampo, ill. di Pablo Auladell; trad. di F. Lazzarato
Orecchio Acerbo, 2007, p. 30
(Lampi)
€ 15,00 ; Età: 11 e oltre
Isis è un libro stupefacente e magnetico. Racconta di improvvise uscite dal mondo, di bagliori che irrompono senza distinzione nella vita di grandi e piccoli, a forare il nero apparentemente matto del quotidiano. Una piccola gemma della letteratura mondiale, uno dei surreali cuentos di Silvina Ocampo, datato 1961, che l’intuito sempre più raffinato di Orecchio Acerbo ha saputo dissotterrare e far rilucere al meglio, complice una montatura perfetta: la bruma visionaria delle immagini di Pablo Auladell – disegnatore e fumettista spagnolo creatore di affascinanti contaminazioni tra matita e pennello – nonché il lavoro appassionato di Francesca Lazzarato, qui traduttrice e insostituibile guida all’universo della scrittrice.
Appartata e geniale autrice argentina, non ancora sufficientemente riscoperta, Ocampo ha lasciato lungo il secolo appena trascorso (1903-1993), indelebili tracce di vita e d’arte. Una scrittura innamorata della brevità la sua, perennemente in bilico tra racconto e poesia, che – è accaduto con Isis – ha trovato uno spazio ideale nell’avveniristica collana Lampi. Libri necessari in cui l’inclinazione verso il fantastico è molto più di un abito letterario alla moda. Nel caso di Silvina Ocampo è il frutto di una sensibilità lancinante che trabocca, spasmodica dilatazione di una realtà scavata fin dall’infanzia con le unghie e con gli occhi. Come Isis, la bambina protagonista del racconto, mutevole e destabilizzante fin dal nome, Ocampo non ha paura di guardare il sole negli occhi, o di lasciare le vischiose comodità di una vita altoborghese. A dispetto di quanti scambiano la sua distante e chiaroveggente immobilità per pura “idiozia”, Silvina, Isis, Irene, o Porfiria che sia, sa che “le cose difficili sono le migliori” e non teme di esplorare la sua vera essenza, di trasformarsi, o di sparire. In un crescendo armonico di suggestioni meravigliosamente inquietanti, immagini e testo conducono chi legge sul precipizio di un’irrapresentabile metamorfosi, moltiplicando sguardi e punti di vista. Poi, come innanzi all’orrore nel teatro classico, ogni arte in gioco non fa che esprimere il senso di un’impossibilità. Quasi a dirci che se la kubrickiana luccicanza della scrittrice può condurci fin sul limitare dell’enigma, il passaggio è squisitamente personale. Quanto a Isis, invano la cercheremo, l’aspetteremo e… non potremo che perderla.
Maria Grosso
(da LiBeR 76)