Bruno Tognolini, ill. di Octavia Monaco
Fatatrac, 2007, p. 70
(I nuovi ottagoni)
€ 11,00 ; Età 7-10
Il racconto è una conferma della bravura di Tognolini, della sua abilità nell’intrecciare prosa e poesia, della capacità di inventare filastrocche, ballate rap, ottave, di accostare il verseggiare nobile a quello semplice e popolare. Il tema è noto, tratta della fiaba del pifferaio, la cui versione più conosciuta è quella dei fratelli Grimm, ma viene reinterpretata e corretta da Tognolini, che si avvale della riscrittura composta da Marina Cvetaeva nel 1925. Il pifferaio Rattenfanger (Accalappiatopi in tedesco) libera la città di Hamelin infestata dai topi, e poiché non viene ricompensato come pattuito, decide poi di attirare tutti i bambini e di trascinarli, come già aveva fatto con i topi, nello stagno, a morire. Interviene allora la maestra del paese, risolve la situazione e conclude efficacemente il racconto. Esemplari per caratterizzazione sono i personaggi: la coraggiosa maestra, il Borgomastro infido e calcolatore, i consiglieri ossequienti al potere, lo stesso pifferaio. Modificando la conclusione che Marina Cvetaeva aveva proposto (anche i bambini muoiono annegati), l’autore restituisce speranza, coraggio, desiderio di libertà, fiducia nel futuro. Non si tratta di una “semplice” fiaba, ma di un racconto intessuto di valori alti, dal momento che Tognolini invita a riflettere sulla libertà del poeta (e dell’intellettuale) e sulla responsabilità degli educatori, in primo luogo dei genitori: dov’erano infatti quando la musica suadente del pifferaio attirava i bambini fuori dai letti, dalle case e li trascinava, senza che avessero la capacità di riflettere, verso la rovina? “Noi andiamo dove ci dite / Noi mangiamo ciò che ci date / Noi guardiamo ciò che ci dite / Noi leggiamo ciò che ci date / Però fate attenzione, grandi, è sicuro: / da quello che ci date viene il vostro futuro!” ammonisce Tognolini. La poesia, raccontano i miti, può ingannare ma anche portare luce, gioia, certezza; è insieme opera di Ermes, l’ingannatore, e di Apollo, il dio luminoso. Dei due aspetti dà testimonianza l’autore, mostrandoli inscindibilmente connessi – l’ambiguità della poesia è la stessa di ogni cosa umana. Le illustrazioni di Octavia Monaco sono intessute di colori dagli accostamenti raffinatissimi, come sempre nei suoi lavori, e intercalano il testo quasi decorandolo e talvolta suggerendone una ulteriore interpretazione, visiva.
Angela Dal Gobbo
(da LiBeR 76)