Sarah Weeks; trad. di C. Belliti
Beisler, 2007, p. 144
(Il serpente a sonagli)
€ 10,50 ; Età: 11-15
Jamie vive in un campo di roulottes nella periferia di una città del Michigan. Prima abitava altrove, in una vera casa, ma dopo un incidente sul lavoro occorso alla zia Saffi – che ha perso la memoria a breve termine – lui e la madre si sono trasferiti nella sua roulotte per accudirla. Non è facile adattarsi a un ambiente, a persone e ad abitudini di vita nuovi; non lo è per un qualunque adolescente, figurarsi per uno come Jamie, le cui malinconie e insicurezze sono acuite dai lutti per l'abbandono del padre e per la morte del suo gatto, di cui si sente responsabile. A peggiorare il senso di inadeguatezza e isolamento di Jamie contribuisce il ricordo di un episodio raccapricciante avvenuto nel campo, un ricordo che egli serba per sé e che verrà svelato nel finale. Jamie crede che solo dimenticando il suo passato doloroso – da lui vissuto con forti sensi di colpa – potrà tornare a essere sereno e a sentirsi un ragazzo normale. Dimenticare, sì, ma come? Jamie le tenta tutte: dalla lettura ad alta voce per scongiurare con il suono delle parole l'arrivo di pensieri molesti, all'esecuzione di esercizi opposti a quelli fatti da sua zia Saffi per recuperare la memoria, fino all'estrema decisione di farsi ipnotizzare per cancellare ogni traccia di ricordo. Sarà proprio la goffa ma efficace ipnosi condotta da Audrey – bizzarra e sensitiva amica – a dargli il coraggio di esternare (anzitutto a se stesso) e non seppellire i suoi tormenti, compreso il segreto mai svelato: una sventata molestia sessuale da parte del vecchio giardiniere del campo nei suoi confronti. Sara Weeks rende omaggio alla memoria, strumento decisivo per l'evoluzione psicologica dei personaggi che mette in scena: se la zia Saffi ha bisogno di ritrovare i tasselli di vita persi nell'incidente per tornare pienamente in sé, Jamie deve attribuire legittimità al suo passato e ai suoi ricordi per non esserne più ossessionato e per voltare pagina. La consapevolezza di sé presuppone il riconoscimento e l'accettazione della nostra memoria storica, di ciò che siamo e che siamo stati. Nella lotta contro l'angosciosa oscurità dell'oblio, però, ci sostiene una valida alleata: la narrazione. Raccontando (a noi stessi o ad altri), scrivendo, chiamando per nome i dettagli più controversi e dolorosi dei nostri ricordi, noi possiamo controllarli, ridimensionare la loro portata di sofferenza e, infine, aprirci al futuro forti della consapevolezza del passato.
Sara Deriu
(da Liber 76)