Victoria sogna
Timothée de Fombelle; ill. di Mariachiara di Giorgio
trad. di M. Bastanzetti
Terre di mezzo, 2017, 103 p.
(L’acchiappastorie)
€ 12,90 ; Età: da 9 anni
Sollecitato dai ragazzi di Mare di libri, nel giugno 2015, a definire la sua scrittura, Timothée de Fombelle non si tira indietro: “Sono desolato per i lettori che amano la semplicità e la trasparenza … io faccio sì che il mio lettore si perda un po’, lo faccio un po’ smarrire, per poi farlo ritrovare”.
È questo il metodo che l’autore ha adottato in grande stile in Tobia, e ancor di più in Vango e non si può dire che sia venuto meno ai suoi propositi in Victoria sogna. Il breve romanzo, infatti, modulato per un po’ come una gustosa commedia degli equivoci, lentamente e inaspettatamente si trasforma in un delicato dramma familiare.
Victoria frequenta le medie, non ha veri amici, solo indifferenti compagni di scuola, abita nel grigiore della profonda provincia francese, ma sogna un’esistenza “piena di avventure, una vita folle, una vita più grande di lei”. Questo desiderio è alimentato da un folto scaffale di libri collocato nella sua cameretta — “l’orizzonte”, come dice lei stessa — e dalla assidua frequentazione della biblioteca. È proprio il titolo di un libro, I tre cheyenne, a farle leggere in una maniera tutta sua i circospetti movimenti del padre e le voci che si rincorrono tra alcuni compagni, a scatenare aspettative di avventure nelle quali interpretare la parte dell’eroina. I sogni stanno finalmente intrufolandosi nella realtà?
De Fombelle insiste finemente con Victoria (e con il lettore) su questo eccitante momento di “esitazione”, che (secondo Todorov) definisce il fantastico, sospendendo abilmente la storia tra reale e irreale. Ma non è la fantasia a irrompere nella realtà; al contrario si scoprirà che i cheyenne si muovono non a Chaise-sur-le-Pont, il tranquillo paesino in cui Victoria vive, ma solo in un libro della biblioteca, che il papà di Victoria non è l’ardito cowboy sulle loro tracce, e che, in fondo, la “vita vera” è dotata di una sua intrinseca bellezza.
Ci fermiamo qui, per lasciare al lettore il gusto di riannodare per conto proprio tutti fili di questo lieve ma intenso racconto, punteggiato da belle illustrazioni, e preziosamente offerto dall’editore nel comparto della produzione rivolta ai preadolescenti, perlopiù occupata da proposte seriali che spesso poco spazio lasciano all’immaginazione della realtà.
Riccardo Pontegobbi
(da LiBeR 118)