Fiera del libro per ragazzi, 2007, 231 p.
L’Annual 2007, catalogo della Mostra degli Illustratori che si svolge annualmente alla Fiera del Libro per ragazzi di Bologna, d’abitudine dedica la copertina in alternanza un anno al vincitore della Biennale dell’Illustrazione di Bratislava e l’anno seguente al vincitore del Premio internazionale H.C. Andersen.
Il 2007 è l’anno di Wolf Erlbruch, vincitore nel 2006 del Premio H.C. Andersen. Ricordiamo che nel 2004 il suo libro La grande domanda vinse Bologna Award, sezione Fiction.
Sul fondo giallo pallido tipico dell’artista nelle due facce della copertina vari animali discretamente antropomorfi girano qua e là con un grande portfolio sotto il braccio, riferimento leggermente ironico, ma non irrispettoso, ai molti illustratori che durante la fiera passano da padiglione a padiglione, da stand a stand sperando in un fortunato incontro con un editore.
Due articoli dell’Annual, il primo di Konrad Heidkampf, redattore del Die Zeit e critico di letteratura giovanile, il secondo di Jeffrey Garrett, Presidente della Giuria del premio Andersen 2004-2006 presentano la personalità e l’opera di Erlbruch senza farne un’accademica apoteosi, ma cogliendone le irripetibili connotazioni, indimenticabili per lettori ragazzi e anche per gli adulti.
Heidkampf addita le tappe essenziali della sua produzione, da Chi me l’ha fatta in testa con la talpa ben determinata a conservare in testa durante la sua indagine l’anomalo “turbante” a Leonardo, il ragazzo con la fobia dei cani e la nonna compiacente che va in giro a quattro zampe con un osso in bocca, da La notte con la passeggiata notturna di padre e figlioletto e il contrasto tra l’assoluta cecità del primo e gli occhi del bambino che, invece, sanno vedere le cose più straordinarie, fino alla splendida reinterpretazione dell’Abc Buch di Karl Philipp Moritz.
L’autore dell’articolo coglie in Erlbruch la distanza che separa il mondo degli adulti da quello dei bambini e anche uno dei maggiori punti di forza dell’artista: quello di saper “dipingere i bambini nel mondo degli adulti e gli adulti nel mondo dei bambini” così da far sentire a chi legge le sue figure che i due mondi procedono affiancati, senza che l’uno prevarichi sull’altro.
Jeffrey Garrett fa notare che nelle sue immagini l’artista tiene conto delle grandi capacità di percezione del bambino, troppo spesso sottovalutate dall’adulto. Sono immagini, le sue, tendenti a dimostrare che “nulla è banale, nulla è come gli adulti insistono che sia, nemmeno contare fino a 10, nemmeno camminare lungo una strada buia in città, ma che tutto riecheggia di associazioni, fantasmi e possibilità miracolose”. In Erlbruch Garrett apprezza l’uso abile di una vasta gamma di registri artistici, gli echi, negli stili e nei colori, della Germania di Weimar, delle figure di Wilhelm Busch, dei collages di Max Ernst, perfino tracce di Picasso e di Dalì: senza che l’artista sia un rimaneggiatore postmoderno di stili passati, bensì uno che traccia percorsi assolutamente nuovi. La sua arte amplia l’immaginario dei lettori ragazzi proponendo un mondo artistico poetico e spesso magico, un mondo che segue leggi diverse da quelle della fisica.
Quanto al panorama delle illustrazioni selezionate dalla giuria per la mostra presenti in questo catalogo, ricordiamo che i partecipanti erano 2653 e i selezionati sono 85, provenienti da 58 Paesi.
La giuria era composta dal già menzionato Jeffrey Garrett, (USA) da Katsumi Komagata (Giappone) creatore di libri e di giocattoli educativi, da Fausta Orecchio (Italia), fondatrice e responsabile della casa editrice Orecchio Acerbo, e da Lisbeth Zwerger (Austria), illustratrice famosa a livello internazionale, vincitrice nel 1990 del Premio internazionale H.C. Andersen.
Le 5 immagini presentate da ogni artista, accompagnate da brevissime annotazioni che ne indicano il titolo e la tecnica impiegata, generalmente, ma non sempre, raccontano una storia o ne suggeriscono una.
Al termine del loro lavoro i membri della giuria hanno espresso il loro punto di vista in una pagina del catalogo, la cui componente essenziale, riportata anche nel risvolto di copertina, consta di queste domande: “Che ritmo riescono a creare? Sono illustrazioni o sono semplicemente opere d’arte indipendenti, più adatte a una galleria d’arte o alla parete di un salotto che a illustrare una storia e a catturare l’emozione di una poesia? Suggeriscono un libro in cui voltare una pagina sia come entrare in un’altra stanza? Queste immagini sono pubblicabili come libro, ovvero, è stato scelto un mezzo riproducibile dall’editore, senza fogli in lamine d’oro o un tipo di carta con trame troppo ricercate e improponibili, tagliate in forme strane?”.
Sono domande, queste, che equivalgono a precise prese di posizione, e non è da trascurare un altro atteggiamento valutativo che è difficile esprimere con precise parole, ma che ha un’importanza notevole: “Di tanto in tanto l’opera di un artista tocca le corde del nostro inconscio: si tratta di un’opera inesplicabilmente affascinante o inquietante, ma la profondità psicologica spesso crea un legame con l’opera dell’artista che suscita forti emozioni rispetto alle altre opere che vediamo”.
Quanto alle tavole selezionate e riprodotte nell’Annual gli stili sono tra i più vari.
Tra i temi privilegiati il fantastico e il meraviglioso, che confinano talvolta con un intrigante assurdo, espressi con grande vivacità creativa. Tra le tecniche, c’è un ritorno all’acquaforte, alla xilografia e, naturalmente, è molto diffusa l’illustrazione a computer.
Il numero più alto degli artisti selezionati è quello dei giapponesi, con una evidente capacità innovatrice insita in ogni artista, subito seguiti dagli iraniani che hanno una tradizione illustrativa ugualmente alta e coltivata con cura in ogni tempo, sotto ogni regime, come dimostra l’ambito del famoso Institute for the Intellectual Development of Children and Young Adults.
Da non dimenticare l’avanzare continuo della Corea sul piano artistico, già sperimentata da tempo anche nel settore del Bologna Award. La tavola di Yean-Cheol Park ne è un esempio notevole.
Quanto all’Italia, accanto alle tavole di artisti già noti come Alessandro Sanna, Nicoletta Ceccoli e Maurizio Quarello (si vedano di quest’ultimo due ottime tavole tratte da Tony Mannaro Jazz Band) ci sono opere non pubblicate, valide, apprezzabilissime, equivalenti ad aperture su futuri percorsi dell’illustrazione (vedi Biagio Forgione e Francesca Bolis).
L’Italia, com’è noto da tempo, ha anche valide scuole e artisti di primo piano nell’ambito della non fiction. Ne sono esempio i “ relitti” di Giovanni Balestra e le “ricostruzioni” di Gugliemo Calciolari.
Un lavoro di grande responsabilità e lucido impegno quello della giuria.
Come ha affermato uno dei membri, Katsumi Komagata: “L’evoluzione delle forme di vita è chiamata ‘differenziazione’ e ‘diversità’, mentre l’uniformità è chiamata ‘degenerazione’. Le varie culture, gli ambienti, le razze, i valori visti in queste opere raccolte sopra un unico palcoscenico costituivano la diversità stessa”.
Carla Poesio
(da LiBeR 76)