Appassionato di fiabe e di Charles Dickens, lo scrittore inglese Edward Carey con I segreti di Heap House pubblica e illustra il suo primo libro per ragazzi. Un romanzo di formazione, dove personaggi e oggetti sono legati da un misterioso rapporto, al quale seguiranno altri due volumi di prossima pubblicazione. L’autore ce ne parla in questa intervista raccolta da Ilaria Tagliaferri.
Con I segreti di Heap House (Bompiani, 2015) arriva in Italia il primo volume della trilogia per ragazzi scritta e illustrata da Edward Carey. Ambientato nell’Inghilterra vittoriana, il libro racconta le avventure degli Iremonger, bizzarra e numerosissima famiglia che vive poco distante da Londra, in una sontuosa dimora circondata da cumuli di spazzatura. Tra loro c’è il quindicenne Clod, che ha una dote straordinaria e inquietante: riesce a sentir parlare gli oggetti, che, forse ancora più degli umani, sono gli incontrastati protagonisti del romanzo. Ogni Iremonger, infatti, ha un oggetto natale dal quale non può mai separarsi, che definisce per sempre la sua personalità e lo protegge dalle malattie. Oggetti comuni e a pparentemente innocui, che vanno però trattati con la massima cura perché..potrebbero improvvisamente decidere di ribellarsi. Abbiamo incontrato Edward Carey, che ha origini inglesi ma vive attualmente in Texas, in occasione della Fiera del libro per ragazzi di Bologna e gli abbiamo rivolto qualche domanda.
Il suo esordio come autore di narrativa è stato con il romanzo per adulti Observatory mansion (Bompiani, 2003): all’epoca lei lo definì “una fiaba per adulti” e dichiarò “Da tempo riflettevo sul fatto che i libri per adulti non sembrano godere della libertà d' immaginazione delle favole per bambini, dove accadono molte più cose straordinarie e spesso anche spaventevoli”. Ora che ha dato vita alla trilogia degli Iremonger, destinata ai ragazzi, ha soddisfatto la sua voglia di libertà immaginativa?
Sì, avevo una gran voglia di scrivere per ragazzi e di scatenare la mia immaginazione, cosa che avevo comunque fatto anche nei miei libri precendenti per adulti. La differenza sostanziale sta solo nel fatto che ne I segreti di Heap House i potagonisti sono dei ragazzi, mentre nei miei libri per adulti, che pure hanno una struttura molto simile alla fiaba, i protagonisti hanno un’età diversa.. Insegno storia della letteratura per l’infanzia e scrittura creativa all’università e leggo spesso fiabe ai miei studenti: grazie alla mia formazione il passaggio tra lo scrivere per adulti e per ragazzi è stato molto naturale. Sono da sempre convinto che le fiabe non siano dedicate esclusivamente all’infanzia, ma a tutti. E il mio desiderio era, allora come oggi, dare vita a libri pieni di avventure che fossero godibili sia dai bambini che dagli adulti. In realtà ho incontrato anche qualche difficoltà in questo percorso, soprattutto riguardo alla creazione dei vari personaggi: il mio editore, per esempio, non capiva quale fosse la funzione, all’interno del plot, del dinoccolato Tummis. Un personaggio che adora allevare gabbiani e blatte, al quale vengono dedicate decine e decine di pagine, e che apparentemente, almeno in questa prima parte, non sembra avere granché a che fare con la storia...ma vedremo cosa succederà nei libri successivi.
Gli abitanti di Heap House, sia quando dialogano tra loro che quando riflettono in solitari monologhi interiori, usano spesso un linguaggio teatrale e sembrano quasi muoversi su un palcoscenico. Questa scelta deriva dalla sua attività come drammaturgo?
È vero, c’è una forte componente drammatica e teatrale nel libro, ma questo viene prima di tutto dal mio amore viscerale per Dickens, che ha influenzato moltissimo la mia formazione. La sua lingua era fortemente drammatica e tutti i suoi personaggi sembravano creati per essere messi in scena. A volte, quando leggo questo libro agli studenti interpreto con la voce un personaggio, poi un altro e mi scopro un po’egoista... vorrei riuscire a interpretarli tutti, come se davvero fossimo sul palcoscenico! Vorrei essere Lucy che è arrabbiata, forte, piena di energie, ma anche Tummis che è pacato, Clod così insicuro: insomma tutti i personaggi hanno un loro preciso ritmo linguistico e drammaturgico.
La storia che ha scritto è costruita sul legame tra persone e oggetti. All’inizio è un rapporto oscuro, che piano piano viene svelato. Da dove viene l’idea di legare oggetti e personaggi?
Da tempo desideravo scrivere una storia dove gli eroi fossero proprio gli oggetti quotidiani. Mi sono messo a disegnare, come faccio sempre per iniziare un libro, e i disegni, così simili a dagherrotipi, mi hanno suggerito le atmosfere e l’ambientazione vittoriana della storia. Poco alla volta ho iniziato ad attribuire caratteristiche specifiche a questi oggetti. La stessa cosa è avvenuta per i personaggi: il primo che ho disegnato è stato proprio Clod, e volevo assolutamente che risultasse un personaggio staccato dal resto della famiglia Iremonger. Nel periodo vittoriano i giovani di buona famiglia erano soliti portare l’orologio con la catena, e anche Clod ne ha una che esce dal taschino: invece di un orologio regge il suo oggetto natale, il tappo universale. Il tappo è simbolo di qualcosa che “contiene” e Clod è proprio colui può tenere insieme la famiglia. Via via che creavo i vari personaggi attribuivo loro un oggetto e mi sono chiesto come poteva essere per ognuno di loro dover trascorrere tutta la propria vita attaccato inscindibilmente agli oggetti donati: come avrà vissuto uno che aveva come oggetto natale un porta toast?. Nella storia ho voluto proporre una riflessione sul rapporto tra uomo e oggetti, che nel corso dell’esistenza diventano parte di noi, ci proteggono, ma non ci salvano, diventano una sorta di armatura con cui affrontiamo il mondo per non essere nudi, mai davvero esposti. Gli oggetti sono ciò che di più vicino abbiamo al concetto di immortalità: più persistenti delle persone, meno scalfibili dagli accidenti. Ci danno fiducia.
Può darci qualche anticipazione sui prossimi libri della trilogia?
L’idea della trilogia è stata chiara fin dall’inizio: tre libri che componevano insieme un romanzo unico di crescita e formazione. Ognuna delle tre parti ha una sua ambientazione precisa, il primo libro è ambientato nella casa, che è il nucleo centrale dal quale si dipanano tutte le vicende, mentre nella seconda parte della trilogia l’ambientazione sarà la città., il respiro sarà diverso. Scopriremo anche cosa ne è dei personaggi più cari ai lettori, Clod e Lucy. Indipendentemente dalla fine che faranno i personaggi, che sopravvivano o meno a questo percorso di crescita, alla fine della trilogia saranno cresciuti, e a me interessa il loro cammino. Arrivare all’età adulta è come morire. Anche nella fiaba della Regina delle Nevi di Hans Christian Andersen, quando Kay e Gerda tornano a casa e si accorgono di essere adulti, è la fine, la magia della loro infanzia è andata persa.