La traduzione italiana del volume Il segreto di Orbae
(Ippocampo, 2012), vincitore del Bologna Awards sezione fiction nel 2012, ci
offre l’opportunità di parlare con l’autore François Place della sua
geografia fantastica, nell’intervista di Francesca Brunetti.
L’esplorazione di altri mondi è un tema ricorrente nell’opera di François Place. Dagli anni ’80, quando da illustratore partecipa alle collane sulle grandi scoperte geografiche, agli anni ’90 con Gli ultimi giganti (1992), straordinario racconto di viaggio alimentato da miti e leggende, sino alle ultime pubblicazioni, La dogana volante (2010), ambientata in una terra sospesa tra sogno e realtà. Ma forse sono le 26 storie dell’universo immaginario di Orbae, raccolte nel trittico Atlas des géographes d’Orbae,(1) a offrire al lettore uno spaccato completo della potenza immaginifica di Place. La geografia di Orbae, molto nota ai lettori francofoni, è una novità assoluta in Italia.
Che cosa rappresenta Orbae per François Place?
Ho immaginato l’isola di Orbae, una grande isola rotonda dall’altra parte
del mondo, traendo ispirazione dal mito della grande terra antartica. Si tratta
di un continente che i geografi avevano “inventato” negli anni intorno al 1550
per equilibrare il globo terrestre, dopo aver constatato che c’erano più terre
emerse al nord dell’equatore, mentre gli oceani occupano gran parte
dell’emisfero sud. Nelle descrizioni questa grande terra era più vasta del
continente gelato del Polo Sud. Si pensava che godesse di un clima temperato e
che potesse dare protezione a popoli simili agli abitanti del nord Europa.
Questa terra ha nutrito l’immaginario di numerosi scienziati e scrittori. Swift
vi ha ambientato una parte de I viaggi di
Gulliver. Benché si sia trattato in gran parte di una chimera, veri marinai
sono stati inviati alla sua ricerca. Fu solo James Cook, il grande navigatore
inglese, che pose fine a questa illusione circumnavigando per la prima volta
l’emisfero sud del globo.
Dunque ho immaginato alcune storie ambientate in un’epoca in cui la Terra, la nostra terra, non del tutto scoperta/esplorata, immensa, spaventosa, meravigliosa, suscitava sogni di scoperte infinite: paesaggi, fiumi, popoli, animali, piante. Innumerevoli tracce di queste reveries geografiche si trovano nelle vecchie carte e nei resoconti di viaggio di altri tempi. Le comunicazioni erano difficili, i popoli così lontani e a tal punto isolati che le differenze risultavano esagerate dall’incomprensione, dalla meraviglia o dal disgusto: così per gli indiani che venivano messi a volte dalla parte del paradiso terrestre, poiché vivevano nudi nella terra dell’abbondanza (uccelli multicolori, frutti tutto l’anno, acque pescose) altre dalla parte dell’Inferno perché tra di loro vi erano i cannibali.
Che posto occupa questo ultimo libro nella geografia di Orbae?
Prima di scrivere Il segreto di Orbae,
ho scritto e illustrato un atlante di 26 paesi immaginari che esplorava le
possibilità da questo punto di partenza: come erano i viaggi quando conoscevamo
poco e male un capo e l’altro della Terra? Si tratta di una sorta di science
fiction à rebours nel passato e non nel futuro. Un momento in cui tutto è
ancora misterioso e lontano e dove tutto sembra possibile. Questo mi ha
permesso di parlare di ciò che faceva scaturire il viaggio: i pellegrinaggi, la
conquista, il commercio, la ricerca personale. Ho potuto visitare comodamente,
attraverso il disegno e la scrittura, le foreste, i deserti, i mondi sotterranei.
ll segreto di Orbae ritorna in questi luoghi grazie a due personaggi
complementari che vivranno una storia d’amore e una grande avventura. Cornélius
è un mercante che parte alla ricerca della tela da nuvola, una seta che può
prendere il colore del tempo atmosferico e cambiare colore a ore diverse del
giorno. Ziyara è una navigatrice esule dalla sua terra natale, amante della
libertà, amica dei delfini e per la quale il mare è indispensabile come l’aria
che respiriamo.
Essi si incontrano, si amano e partono insieme su questa grande terra di Orbae
alla ricerca dell’origine della tela da nuvola.
La geografia, la cartografia e l’etnografia svolgono un ruolo di
primo piano nel suo lavoro di autore e illustratore. Dove ha maturato tali
interessi?
Il mio interesse per l’etnografia e la cartografia risale senza dubbio
all’infanzia e ad alcune letture adolescenziali: Melville, Conrad, London,
Verne, Calvino, ecc.
Credo di essere sensibile, come molti miei contemporanei, alla scomparsa
progressiva di specie, paesaggi, spazi naturali e popoli primitivi che vedono
la loro esistenza minacciata dalla deforestazione, dall’inquinamento,
dall’invasione della tecnica.
In tutto questo vi è una grande perdita. I satelliti che fotografano il mondo
secondo dopo secondo ne danno un’immagine inquieta: si sorvegliano oceani,
inquinamento, foreste in fiamme, uragani, conflitti. Bisogna re-incantare
questo mondo e dire che porta in sé altri mondi possibili, altre realtà. Alcuni
le immaginano nel futuro, io credo che ve ne siano molte nel suo passato.
Si può affermare che la scoperta di altri mondi, di altri universi reali o
immaginari è il filo conduttore che attraversa la sua opera? Da Gli ultimi
giganti (1992) a La dogana volante (2010)?
Amo spostarmi, essere sfalsato: farmi da parte. Amo ciò che mi permette di
rileggere con altri occhi certi testi o di visitare le immagini lasciate da
coloro che ci hanno preceduto, nella pittura, nell’illustrazione,
nell’incisione. E ciò che amo anche è l’idea di trasmissione, il fatto che noi
dobbiamo apprendere per crescere sempre, a ogni età.
(1) Place. Atlas des géographes d’Orbae, 3 tomes, Castermann/Gallimard, 1996; 1998; 2000.