Jasmine Warga nel suo romanzo d'esordio esplora il tema della depressione giovanile, entrando nei pensieri di una ragazza afflitta da problemi più grandi di lei: ce lo racconta in questa intervista raccolta da Federica Velonà.
Aysel, la protagonista di Il mio cuore e altri buchi neri, di Jasmine Warga, tradotto da Lorenzo Borgotallo per Mondadori, è una sedicenne figlia di turchi nata e cresciuta a Langston, Kentucky. Il suo più grande desiderio è farla finita con la vita. La incontriamo nel call center in cui lavora part time, mentre visita di nascosto il sito Dipartite serene per sbirciare la sezione Compagni di suicidio. Quando vede che un certo FrozenRobot cerca qualcuno con cui suicidarsi, Alysel non esita a rispondergli e a prendere appuntamento con lui. Man mano che procediamo nella lettura scopriremo perché il padre di Aysel è stato arrestato e perché tutti in città conoscono il suo nome; quello che sottolinea Warga è che tenersi dentro il proprio dolore fa sprofondare in un buco nero da cui non si riesce ad emergere. FrozenRobot è Roman: un diciassettenne di bell’aspetto con una madre fin troppo premurosa. Frequentandolo per mettere a punto le modalità del suicidio, Aysel scopre che Roman è divorato dai sensi di colpa per la morte della sorellina. L’interesse crescente nei confronti del suo nuovo amico e la gentilezza di un professore che capisce e incoraggia la passione di Aysel per la fisica inducono la ragazza a recedere dai suoi propositi, ma come infrangere la determinazione di Roman? Tematica forte, personaggi credibili, grande suspense e soprattutto una voce narrante del tutto convincente. La nostra intervista con Jasmine Warga comincia proprio da qui.
Come ha trovato la voce di Aysel?
So che suona un po’ assurdo, ma un giorno ho sentito la voce di Aysel risuonarmi in testa. Era una voce molto chiara e incalzante. Ed è venuta da me piena di domande su quello che significa vivere e su quello che significa morire. Mi reputo ancora molto fortunata per il fatto che la sua voce mi sia arrivata così pienamente formata da aiutarmi a sviluppare la storia. Non se avrò mai un’esperienza creativa come questa. Ora, dopo aver lavorato a un paio di altri libri, so quanto sia raro avere dei momenti “eureka” come quello.
Aysel crede che il suo problema principale sia quello che ha fatto il padre, non capisce che il suo problema è non avere qualcuno di cui fidarsi, qualcuno con cui parlare di come si sente. È questo quello che lei voleva sottolineare nel suo romanzo?
Sì! Una delle cose più insidiose nella depressione è che si tratta di una malattia che si fa strada nell’isolamento. Prospera nell’isolamento. Ti fa diventare un narratore inattendibile della tua vita, il che spiega perché è così importante avere relazioni che ti aiutino a vedere le tue qualità e il tuo valore anche quando la depressione può renderti difficile farlo.
Roman, il coprotagonista, è attratto dall’idea del suicidio perché si sente colpevole della morte della sorella. La sua condizione è molto diversa da quella di Aysel: il che ci fa capire che agli stessi buchi neri si arriva da strade diverse?
Sì. Aysel l’ho immaginata come rappresentazione di una depressione clinica mentre la depressione di Roman è situazionale. Volevo mostrare questi due tipi di depressione ed esplorare le differenze e i punti di contatto tra loro.
Qual è il ruolo giocato nella sua storia dall’interesse della sua giovane protagonista per la fisica e la musica classica?
Aysel è molto analitica e raziocinante; da ciò deriva il suo interesse per la fisica. Inoltre lei vede il mondo in bianco e nero e per questo credo sia attratta da una materia come la fisica per le sue regole definibili. Ma una parte del lavoro che deve fare su sé stessa consiste nell’imparare ad abbracciare le zone grigie della vita e penso che il suo amore per la musica sia indicativo della possibilità di arrivare a questo risultato. Ciò detto, la sua musica preferita è quella classica, il che ci riporta a una personalità seria che non sopporta la mancanza di senso.
E il ruolo dei romanzi di Jules Verne amati da Roman?
Volevo che l’amore di Roman per queste storie avventurose e romantiche offrisse al lettore uno sguardo su chi era Roman prima che sua sorella morisse.
È stata criticata per il modo diretto in cui ha scelto di affrontare un tema scomodo come l’attrazione per il suicidio da parte di adolescenti?
Sì, ma credo che tutti gli scrittori vadano incontro a critiche. Mi ritengo fortunata perché finora le risposte positive sono state molto più forti e abbondanti di quelle negative. Credo anche che alcune delle risposte negative siano venute da persone che non avevano letto davvero il libro, ma erano sobbalzate di fronte all’argomento e avevano fatto supposizioni sul libro senza affrontarlo.
Quali sono state le reazioni dei giovani lettori di fronte a questa storia?
Molto commoventi! Ho ricevuto centinaia di messaggi da lettori di tutto il mondo che si sono sentiti vicini alle battaglie di Aysel e Roman. Questi messaggi, anche se non ho il tempo di rispondere a tutti, vogliono dire moltissimo per me. È bello ed è un grande onore che tanti giovani lettori siano entrati in sintonia con questa storia.
Di che cosa parla il suo libro successive e qual è il filo conduttore della sua narrativa?
Il mio secondo romanzo s’intitola Here We Are Now. È sul rapporto tra una ragazza di sedici anni e il suo inafferrabile padre che è un musicista famoso. È un libro sull’identità, la famiglia, e sull’imparare cosa va tenuto stretto e cosa va lasciato andare. Mi piace dire che è un libro sull’imparare a dire ciao e addio.
E il filo conduttore?
Non so se c’è un filo conduttore nei miei libri, so solo che sarò sempre interessata a scrivere di ragazze alle prese con la loro identità, che cercano di imparare ad amarsi e a lasciarsi amare, anche se il contesto in cui si trovano è faticoso e caotico.
(da LiBeR 117)