I capelli di Anna Lumsden fluttuano come alghe marine, la sua pelle e i suoi occhi brillano come le pozze di marea e le sue orecchie assomigliano a capesante. La storia di Anna, “lucente e piena di scaglie”, arriva finalmente in Italia, grazie all’editore Salani, in un’edizione cartonata impreziosita dalle raffinate illustrazioni di Beatrice Alemagna, che ne esaltano la liricità, il mistero, l’insondabile profondità. Nata dall’elegante penna dell’autore britannico David Almond, Anna, la bambina del mare narra di una ragazzina fuori dal comune che nessuno, a parte la sua adorabile mamma, riesce a capire. A scuola non ottiene risultati soddisfacenti e all’età di tredici anni inizia a sperimentare insolite “cadute”, nelle quali perde i sensi e si ritrova lontano, in un mondo acquoso in cui Anna non è più soltanto Anna, ma è contemporaneamente foca, pesce, delfino. Mentre medici delle più disparate discipline la sottopongono a esami su esami per cogliere l’«errore della chimica» che scorre in lei, Anna nuota e nuota, e attraverso quel suo corpo che cresce a vista d’occhio percepisce che proprio nell’acqua risiedono le risposte al rompicapo della sua identità. La domanda sull’io che Anna comincia a porsi si fa pressante, tanto che il racconto addomesticato della madre non le basta più: Anna vuole un’altra verità, quella autentica e forse scomoda che sola può renderla libera. E così giunge l’attesa rivelazione, per Anna il momento per eccellenza epifanico di riconoscimento del proprio sé. Lo stile impressionistico delle illustrazioni di Alemagna, realizzate ad acquerello e matita colorata in toni naturali, contribuisce a risaltare l’atmosfera di sospensione e mistero, così come il finale dell’autore, che intenzionalmente sosta in quello spazio liminale dove ordinario e straordinario si incontrano e si confondono. È andata proprio così? ci si domanda, infine. Anna è veramente metà umana e metà creatura marina? O è forse questa sua alterità una potente, meravigliosa metafora della metamorfosi adolescenziale, per cui tutto è “collegato con la crescita, con l’avere tredici anni e andare per i quattordici e via così”?
Elena Guerzoni (da LiBeR 141)
Anna, la bambina del mare
David Almond; ill. di B. Alemagna, trad. di G. Iacobaci
Salani, 2023, 64 p.
€14,90 ; Età: da 6 anni
Ulisse Aldrovandi, nato a Bologna nel 1522 e morto nel 1605 fu un grandissimo naturalista, che diede spazio, tra le altre cose, a una concezione di museo come di luogo contenente mirabilia accessibile al pubblico. Sono note la sua curiosità e la sua apertura verso l’inconoscibile: teneva rapporti epistolari con scienziati di tutto il mondo e si faceva inviare a Bologna reperti, manufatti, ossa, piume, qualunque animale o pianta strana o ancora non conosciuta. Il suo sguardo superava i confini terreni e mentali: tutto poteva essere immaginato. Haider Bucar, autrice e illustratrice, con un bellissimo omaggio al grande naturalista, lo pensa bambino nella sua Bologna della metà del Cinquecento. Ulisse, quarto figlio di una nobile famiglia bolognese, è intelligentissimo e dotato di una grandissima curiosità; assai noto ai mercanti che giungono a Bologna per vendere merci di tutti i tipi, ama in modo particolare la natura, che non si stanca mai di riprodurre disegnandola.
A 10 anni riceve da un amico di famiglia, che ama girare tutto il mondo, una piuma per scrivere particolarissima, che si dice fosse dell’animale mitologico Fenice, un uccello immortale che ogni 10.000 anni si rinnova dal fuoco. Con questa piuma riesce a dare vita ai suoi disegni, anche di animali immaginari. Crea così uccelli, insetti, ma anche draghi e sirene: dando spazio a tutto quel mondo ricchissimo e particolare che per il resto della vita cercherà.
Una vicenda, questa di Bucar, chiaramente inventata ma inserita in una cornice plausibile, dove trova spazio la cultura e la città di Bologna, con i suoi prestigiosi monumenti ma anche i mercati cittadini. La storia è molto avvincente: Ulisse per la sua sete di conoscenza rischia tutto, quasi anche la vita. Cosa può portare il desiderio di scoprire? Si parla molto di creatività e di potere dell’immaginazione: ecco che la storia di un bambino che ha contribuito da grande a mettere un tassello fondamentale per la ricerca naturalistica, può entusiasmare ed emozionare i bambini di oggi, nonostante i cinquecento anni di distanza.
Angela Catrani (da LiBeR 141)
Aldrovandi e la penna della Fenice
Haider Bucar
Caissa Italia Editore, 2023, 160 p.
Narrativa
€ 15,90 ; Età: da 8 anni
L’amicizia, si sa, è forse il più grande tesoro della vita. Già nella primissima infanzia le dinamiche con cui si gioca insieme, ci si sceglie, si litiga e ci si cerca ancora, preludono alla complessità della vita affettiva di tutte le età. Ugo e Poppy sono così: sono molto amici, sono molto diversi, affrontano insieme avventure che, come le vere avventure, prevedono inciampi, ripensamenti e soprattutto ascolto e supporto reciproci. Questa volta sono le giostre, l’evento della loro giornata: giostre dai nomi buffi e minacciosi. Il lettore si aspetta certe reazioni da Ugo e certe da Poppy, perché conosce già i due personaggi dal volume precedente. Lui quello pauroso, lei quella coraggiosa. Lui previdente, lei rapita dal presente. Lui paziente e delicato, lei travolgente e senza paura. Come nella prima avventura, i caratteri dei due amici sono delineati secondo tratti opposti. È sempre il dialogo però, la materia prima della loro amicizia e dunque ragionando insieme negozieranno su quale giostra andare: una semplice ruota panoramica. Il finale non è scontato e sarà Poppy ad aver bisogno di conforto, perché la ruota le ha dato le vertigini. È soprattutto il rapporto fra il testo e le immagini, nel formato perfetto per mani bambine, a rendere interessanti questi volumi, dotati di ritmo e misura perfetti per un racconto illustrato che funziona letto ad alta voce ai piccoli, o letto in autonomia da seienni o settenni. Il lettore infatti si trova davanti a piccole avventure che mettono in pagina quelle dinamiche quotidiane che vengono spesso catalogate come capricci, conflitti da evitare, momenti imbarazzanti in cui i bambini non si vogliono scambiare i giochi, non si mettono d’accordo su cosa fare. Qualche bambino le chiama “fare mio mio”, educatori e genitori sanno esattamente che questa è la sostanza di cui è fatta l’amicizia, la sorellanza, la cuginanza, la relazione, ma provano inevitabilmente disagio, perché il conflitto è considerato spesso un effetto collaterale del rapporto, e non invece un suo fondamentale ingrediente. Bene, Ugo e Poppy sono proprio questo: amici, diversi, alle prese con la co-costruzione del senso del mondo, che implica entusiasmi, esitazioni e vertigini per tutti, in momenti diversi.
Marcella Terrusi (da LiBeR 141)
Ugo e Poppy, sulle giostre senza paura
Matthew Cordell;
trad. di S. Ragusa
Terre di Mezzo, 2023, 80 p.
(Acchiappastorie)
€ 14,00 ; Età: da 5 anni
Eugenio Perucatti approdò a Santo Stefano nel 1952. Sull'isola, di fronte a Ventotene, svettava il penitenziario costruito nel Settecento dai Borboni. Perucatti vi avrebbe fatto il direttore per otto anni. Nella realtà, come nella finzione del romanzo, portava con sé alcuni dei dieci figli e un progetto di radicale cambiamento delle condizioni dei detenuti a vita del carcere. Credeva profondamente nei principi della Costituzione e voleva metterne in atto gli obiettivi per cui "... le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanita' e devono tendere alla rieducazione", seppure in un contesto in cui sembrava impossibile avesse posto un'idea di speranza: a Santo Stefano si andava all'ergastolo. L'autrice ripercorre la vicenda umana e professionale di un uomo che, in anticipo sui tempi, incontra ostacoli di ogni sorta nella realizzazione dei propri ideali di giustizia umanitaria che portino a una revisione dell’ergastolo e a una riforma delle carceri, problematiche ancora ai nostri giorni. Per rendere pienamente accessibile ai ragazzi la storia dell'uomo e le questioni legate alla carcerazione, soprattutto alla situazione di fine pena mai, l'autrice costruisce un racconto che intreccia le vicende del carcere con un avventuroso vivere sull'isola da parte di alcuni ragazzi, introducendo ad effetto anche il genere giallo. Il procedimento, che si concede alcune licenze nei confronti della realtà, non ne tradisce però mai la sostanza. Vengono assunti come attori di questa vicenda, integrata nel disegno più grande, i figli del direttore, al maggiore dei quali viene dato il compito di protagonista, affiancato da una ragazzina, arrivata con la madre avvocato sull’isola, convocata come consulente dal direttore.
Accompagnati dall’intraprendenza e dall’entusiasmo dei ragazzini, la lettura procede partecipe e serrata, fra incursioni di aspiranti ornitologi in una natura affascinante e selvatica, evasioni, rapimenti, ostaggi e anche criminali che poi non si rivelano tali.
Nel racconto il trionfo della giustizia è assicurato con grande tripudio di grandi e piccini, anche se nella realtà per il coraggioso direttore Perucatti le cose andarono un po’ diversamente. E ci piace quindi questa lettura che lo ripropone ai giovani riscattandone il ricordo.
L'isola della libertà
di Milvia
Sinnos, 2023,
(Zona franca)
185 p., € 14,00
Tanto amore non può morire è un romanzo sulla morte e sull’elaborazione del lutto.
Leggerete senz’altro altrove che è un romanzo sulla vita, sugli affetti, sulle relazioni, sulla famiglia e sulla paura: è tutto vero ma questo è anche soprattutto un romanzo sulla morte, il mistero più grande della vita, il più difficile da comprendere e accettare. Moni Nilsson ha il coraggio di scriverne in modo estremamente diretto (verrebbe da dire come potevamo aspettarci solo da un’autrice del nord Europa) e a fronte di questo coraggio narrativo a noi che ne parliamo occorre corrispondere con il coraggio di dire con chiarezza quale tema è il suo cuore. Lea, voce narrante della storia, ha dieci anni: quando il libro si apre viene a sapere da un’amica, in modo particolarmente doloroso, che la madre, malata già da anni, probabilmente sta per morire. Il libro si chiude con la morte della mamma. Anche qui, inutile omettere, divagare, lasciare in sospeso: questo non è un giallo, il finale è ciò che attendiamo e a cui cerchiamo di prepararci dall’inizio. In mezzo c’è la vita quotidiana con i suoi spazi di normalità e un tempo dedicato a prepararsi a ciò che sta per accadere e a costruire riti che celebrino l’amore. Tra le pagine c’è lo spazio per le reazioni diverse, tutte estremamente umane, sebbene non ugualmente “adeguate”, del papà, del fratello maggiore, della nonna, di Lea, dei vicini, delle amiche della mamma. C’è spazio per la rabbia, la tristezza, la tenerezza, il rifiuto e l’accettazione senza che emozioni e sentimenti si dispongano in una evoluzione lineare quanto fasulla. La scrittura è poetica, intensa e insieme semplice e diretta, caratterizzata da molti dialoghi e da frasi e capitoli brevi. Colpisce che la voce di Lea sia quella di una bambina, ancora intrisa d’infanzia, e che grazie a questa scelta il libro parli anche a lettori molto giovani che non hanno ancora raggiunto l’adolescenza, età che pare spesso editorialmente la prima in cui è legittimo usare un po’ di franchezza sugli aspetti difficili dell’esistenza. Ne esce un romanzo insieme doloroso e lieve, che non ha nessun timore di essere commovente e far versare al lettore copiose lacrime. Siamo umani, moriamo, a volte quando non è giusto: piangere non è forse una reazione legittima nel dircelo?
Alice Bigli ( da LiBeR 140)
Tanto amore non può morire
Moni Nilsson;
trad. di S. K. Milton Knowles
Uovonero, 2023, 138 p.
(I geoidi)
€ 16,00 ; Età: da 11 anni
La foresta di Bialowieza, antichissima e iscritta nell’elenco dei Patrimoni dell’umanità dell’Unesco, è la vera protagonista di questo racconto lungo che si candida a essere una delle buone letture rivolte all’ultimo biennio della scuola primaria. “Era la riserva di caccia del re...” È così che inizia il racconto di Ismail, durante la prima notte a pane e formaggio sotto la neve, nel gelo della foresta che dischiude a poco a poco le sue meraviglie fatte di alberi (querce, tigli e frassini alti anche 40 metri), sottobosco (carpini, felci, ontani), animali (picchi, civette, donnole, linci, procioni, lupi, alci, martore, caprioli) e i leggendari bisonti, mucche pelose che pesano anche novanta chili, gli ultimi rimasti sulla Terra, così preziosi che solo il re poteva cacciarli. È qui che Anin e Ismail, con i tre figli al seguito e una quarta in arrivo, si ritrovano a camminare per giorni sperando di arrivare in Europa attraverso il confine polacco, dopo essere partiti dal loro paese comprando un regolare e costosissimo viaggio, spinti dal sogno di offrire migliori opportunità ai propri bambini e ingannati da un sistema che loro conoscono solo attraverso l’uomo con la barba e il pollice biforcuto. Dopo aver salutato gli amati nonni e il cane Psdar, aver intrapreso un lungo viaggio in aereo e in autobus, simile a una vacanza, Benin, Zehra e Malek, con i loro genitori, si ritrovano, letteralmente, in mezzo alla guerra con tanto di filo spinato, luci puntate ed eserciti schierati, senza altra scelta che tentare di entrare illegalmente in Polonia oppure tornare indietro perdendo investimento, sogni e fatica. “A volte è proprio così che succede, bambini. Quando sembra che qualcosa è finito per sempre, scopriamo che ne è rimasto un pezzettino da qualche parte. E non tutto è perduto.” Per questa famiglia il “pezzettino” è nascosto in questo luogo selvaggio e alberga nei cuori di Jakub, Rio, Kasia e degli altri attivisti per la salvaguardia della foresta che si sono riconvertiti in soccorritori a prezzo della propria incolumità. Annalisa Camilli, apprezzata reporter d’inchiesta, racconta la storia vera di tanti profughi siriani e iracheni, aiutata dalle belle illustrazioni di Irene Penazzi.
Serena Marradi (da LiBeR 140)
L’ultimo bisonte
Annalisa Camilli,
ill. di Irene Penazzi
La Nuova Frontiera Junior, 2023, 128 p.
€ 14,90 ; Età: da 8 anni
Agnese ha appena sette anni quando si ammala gravemente. La diagnosi è racchiusa in una sigla, LLA, leucemia linfoblastica acuta. Comincia un doloroso percorso, con lunghissimi periodi di ospedalizzazione, sino a quando, un trapianto di midollo – anch’esso con un decorso difficile – la fa uscire dal tunnel. Agnese guarisce a 13 anni. Tra il prima e il dopo, tra l’ospedale e la sua vita ormai libera dalla malattia, incontra e infittisce il dialogo con lo scrittore Gabriele Clima e insieme a lui racconta la sua storia. Storia vera, ma che nel suo svolgersi assume un tono fiabesco, perché il sogno, i desideri (possibili e impossibili), gli amici invisibili come il cane-peluche Omi, vero co-protagonista della storia, sono la linfa che trasforma un rischiosissimo percorso in qualcosa insieme di normale ed eccezionale, di doloroso ma anche di gioioso. La gioia la danno gli incontri con le ragazzine che via via divideranno la sua stanza di ospedale, malate anche loro. Sono le persone che si occupano di lei – medici, infermiere - che le restituiranno il senso pieno della parola “cura”. Te lo prometto è, infatti, anche una storia di “normalità”e di amore. Si può essere bambini, con i capricci, i crucci, gli entusiasmi, le voglie di quell’età, anche da malati. E si può guadagnare molto anche da una prova. “Perché proprio a me?” è la domanda quasi ossessiva che per lungo tempo Agnese si pone e pone al mondo adulto. Poi capirà che la vita va così, le cose belle e brutte si mescolano, capirà cosa significa resistere e assaporare ogni momento della vita, proprio quando essa è in bilico, capirà, più di altri bambini e bambine, quanto è prezioso ridere e quanto sono preziose le persone che ti fanno ridere. C’è chi ti cura ma anche chi ti ama senza poterti curare, come la nonna Iole, tenerissima nella sua parlata veneta, e irriducibile nella convinzione che se uno mangia guarisce, qualsiasi sia il danno. Agnese (Franceschini) e Gabriele (Clima) hanno compiuto un piccolo miracolo: raccontare la battaglia di una bambina contro una malattia gravissima senza nascondere scoramento, rabbia, paura, ma comunicando, pagina dopo pagina, un senso di normalità e di speranza. Ad Agnese, terminato di leggere il libro, non resta che augurare una splendida vita.
Vichi De Marchi (da LiBeR 140)
Te lo prometto
Gabriele Clima, Agnese Franceschini
Feltrinelli, 2023, 234 p.
(Up)
€ 16,00 ; Età: da 13 anni
“Dio, ci sei? Sono io, Margaret” è la traduzione letterale del titolo di questo romanzo, datato 1970, dell’autrice americana Judy Blume, pluri-censurata per aver sdoganato tematiche esplicitamente sessuali nelle sue storie di adolescenti. Ed è anche l’incipit degli accorati appelli che la protagonista rivolge a un Dio piuttosto distaccato, forse del tutto assente: inconfessabili invocazioni d’aiuto di una dodicenne alle prese con i misteri di un corpo che prima o poi dovrà pur mutare, per assomigliare a quello di una ragazza “grande”, al corpo delle altre. La complicità fra coetanee compensa l’assenza di informazioni certe dall’Altissimo, e nel club segreto delle quattro PADS (Pre-Adolescenti-Da-Sballo), insieme a Nancy, Gretchen e Janie, Margaret trova il modo per condividere al meglio l’eccitante attesa che qualcosa accada. Poche regole, ma che vanno dritte al punto: procurarsi un reggiseno (per quantificare l’aumento dei volumi), aggiornare un registro con le preferenze di ognuna in fatto di ragazzi, l’obbligo di segnalare alle altre la prima mestruazione. E poi naturalmente confidarsi tutto su cotte e primi baci, qualche dritta preventiva sugli assorbenti più pratici e un utile allenamento sviluppa-seno, che consiste nell’agitare braccia e pugni trentacinque volte al giorno recitando: “non smetto, non smetto, finché non mi cresce un bel petto!”. Guardarsi, essere guardate, misurare e confrontare, cambiare ma continuare a riconoscersi...il corpo che matura e la mente che evolve sono una questione intima ma per molti versi pubblica, performativa, governata da regole che stabiliscono dove si colloca la normalità; a volte in modo perentorio, altre con segnali sfuggenti, difficili da interpretare. Nel delicato equilibrio fra il desiderio di crescere e la paura di sentirsi giudicata, inadeguata e piccola per sempre, insieme alle tre fidatissime amiche Margaret affronta il conto alla rovescia per la pubertà con genuino slancio, una buona dose di ironia e quel tanto di ingenua, goffa inesperienza che le giovani lettrici le sapranno certo perdonare; preziosa occasione per riconoscerla e saperla concedere, di riflesso, anche a se stesse.
Fausto Boccati (da LiBeR 140)
Ragazzi, reggiseni e segreti inconfessabili
Judy Blume;
trad. di C. Valentini
DeA, 2023, 191 p.
(Le gemme)
€ 15,90; Età: da 11 anni
Dopo essersi fatta conoscere con il fantasy a fumetti Il ragazzo strega (Il Castoro, 2020), la giovane fumettista e scrittrice americana Molly Knox Ostertag torna in Italia con La ragazza dal mare, pubblicato da Tunué, un graphic novel per adolescenti che tocca temi cari all’autrice, come l’esplorazione della non conformità di genere e l’accettazione di sé stessi.
In uno dei cassetti in cui tiene divisa la sua vita, Morgan, 15 anni, tiene chiuse le sue amiche e la persona che è quando si trova insieme a loro. Ovvero una ragazza trattenuta, che non dice niente fuori posto. Una ragazza lesbica che pianifica segretamente di trasferirsi in città, per essere finalmente libera. L’isoletta in cui vive le sta stretta, suo padre se ne è andato di casa, suo fratello minore dopo la separazione dei genitori è sempre arrabbiato, e anche con sua madre i rapporti sono tesi. A sconvolgere il precario equilibrio arriva la travolgente Keltie, una selkie che in una notte di tempesta la salva dall’annegamento, una creatura marina metà foca e metà ragazza, trasformata in umana grazie a un bacio romantico scambiato proprio con Morgan. Quando Keltie le si materializza davanti, in carne e “gambe” e una voglia selvaggia di vivere sulla terra il loro amore, Morgan entra in crisi. Combattuta tra quello che prova e quello che penserebbero gli altri, la respinge, le chiede di cambiare aspetto, la tiene nascosta, fino a quando il castello di bugie che ha costruito non crolla, costringendola a prendere posizione e a lasciare spazio alla sua bellissima complessità. L’autrice è brava a rappresentare gli imbarazzi, la confusione, il rapporto problematico con le amiche e i familiari. I dubbi di Morgan si contrappongono alla naturalezza con cui la selkie, proveniente da un mondo misterioso e per questo estranea alle convenzioni degli umani, vive le sue emozioni. Tuttavia anche lei ha un segreto e un piano da realizzare… Una narrazione accattivante che mescola il fiabesco e il magico con la contemporaneità, espressa attraverso la moda, i dettagli dell’ambientazione, il linguaggio delle chat di gruppo e delle conversazioni brevi via cellulare. Una storia dolce e tormentata che racconta il primo amore con candore e realismo e vuole trasmettere un messaggio positivo sul coming out.
Francesca Tamberlani (da LiBeR 140)
La ragazza dal mare
Molly Knox Ostertag
Tunué, 2023, 256 p.
(Prospero's books)
€ 17,50 ; Età: da 14 anni
Affermato scrittore olandese, vincitore nel 2012 del prestigioso Astrid Lindgren Memorial Award, considerato “un poeta dell’infanzia” sul solco della grande tradizione letteraria nordica, Guus Kuijer arriva ora in Italia con il romanzo Young Adult Le pietre nere, pubblicato in Olanda nel 1984. Ciò che colpisce dell’autore non è tanto la perizia letteraria nell’affrontare generi diversi – in questo caso il fantasy, e ben prima dell’onda lunga del successo di questo genere a inizio millennio – quanto la sua concezione dell’arte come “un modo per insegnare a noi stessi a diventare quello che vogliamo essere”, a crearci “un’immagine del mondo e del posto che noi dovremmo occupare in quel mondo”. Non c’è nulla di consolatorio in questo romanzo per giovani adulti, che anticipa temi caldi del nostro presente attraverso il racconto fantastico. La storia ha il sapore di un racconto biblico, in quel cimentarsi dell’umanità nella conquista del cielo attraverso uno sforzo abnorme: la costruzione di un’immensa torre nera, che svetta verso l’alto, di fronte alla cui magnificenza tutto appare insignificante, compresi gli esseri umani sfiancati da quell’impresa immane. In una società fortemente gerarchica, dominata dai commercianti e controllata dai guardiani, l’adolescente Dolon non vede l’ora di entrare a far parte del cosiddetto Popolo della torre, i cavatori, per partecipare a quella straordinaria costruzione; ma a fare da controcanto alla sua voce c’è quella del gemello Omar, che con il suo animo puro da sognatore sembra vedere quello che l’imponente opera oscura agli occhi dei più. Sarà Dolon a raccogliere l’eredità del fratello e a intraprendere, in compagnia di una giovane commerciante, una lunga e avventurosa ricerca, il cui obiettivo inconsapevole sarà la conquista della verità: una verità dolorosa, dura, inaccettabile, di cui Dolon diventerà strenuo difensore e trasmettitore. Non prima, però, di aver conquistato le parole necessarie. Perché se non possiedi le parole, non puoi nemmeno porti le giuste domande. Un romanzo sul potere delle parole e della scrittura. Una denuncia metaforica delle ingiustizie economiche e delle false chimere della società contemporanea, a testimonianza che sempre il miglior fantasy affonda le radici nella Storia.
Gabriela Zucchini (da LiBeR 140)
Le pietre nere
Guus Kuijer,
trad. di V. Freschi
Camelozampa, 2023, 328 p.
(Le spore)
€ 17,90 ; Età: da 13 anni
E' un’attitudine a percepire il mondo nelle sue più infinitesimali manifestazioni, nelle sue vibrazioni più nascoste, nei suoi dettagli più minuti: qualcosa che con l’età adulta – eccetto casi di menti altamente sensibili – tende ad affievolirsi, fino ad atrofizzarsi, a perdersi. Così, certi albi sono in primis una ricerca di immedesimazione nello sguardo della primissima infanzia, sia da parte di chi li scrive e li appronta esteticamente, sia nell’intento di quegli adulti che, a cominciare dai genitori, accompagnano, passo dopo passo, le piccole lettrici e i piccoli lettori nella scoperta terribilmente avventurosa delle prime pagine della loro vita. Il mondo in un chicco, tutto giostrato su un testo di Giuseppe Adduci, si muove per questi territori “alla ricerca del sentire perduto”, anche della letteratura per l’infanzia, e lo fa con un profluvio di colori fiammanti e forme grafiche squadrate che ricordano creazioni visive degli anni ’60, ’70 –sono le piattaforme visuali approntate ad hoc da Paola Mastalli, nella cornice finemente curata da Caissa edizioni. E se, secondo vie archetipiche, sono i protagonisti a farsi minuscoli – vedi Mignolina, Pollicino, i lillipuziani, gli Sgraffignoli di Mary Norton… o a subire magnifiche metamorfosi come nel caso di Alice – qui, su invito di una cicala e di una formica (e poco c’è da dire sugli evidenti rimandi), è il bambino, mentre sta gattonando, ossia durante le sue prime prove di esplorazione autonoma del mondo, a tuffarsi letteralmente in un chicco. Da lì in poi, con una fortissima eco di Rodari e Ci vuole un fiore, è un addentrarsi sempre più nel particolare visivo, in una ghirlanda di associazioni che si generano le une dalle altre fino a tornare concentricamente al punto di partenza. Fiore Ape Miele – le prime sono “obbligate” e più scontate - poi Dito Cielo Vento Foglio Disegno… verso creazioni più inaspettate, dove immagini e lettere si fanno giganti e il microcosmo diviene macrocosmo, ci si esprime in un “linguaggio-chicco” (da non abbandonare mai, come ricorda il bellissimo Lappin and Lapinova di Virginia Woolf) e, sempre rodarianamente, si intrecciano piccole fiabe e filastrocche… Tutte, con una felice sintesi scrive Adduci, “segnano i segni disegni sognati”.
Maria Grosso (da LiBeR 140)
Il mondo in un chicco
Giuseppe Adduci, Paola Mastalli
Caissa, 2023, 36 p.
€ 11,90 ; Età: da 1 anno
E' un’attitudine a percepire il mondo nelle sue più infinitesimali manifestazioni, nelle sue vibrazioni più nascoste, nei suoi dettagli più minuti: qualcosa che con l’età adulta – eccetto casi di menti altamente sensibili – tende ad affievolirsi, fino ad atrofizzarsi, a perdersi. Così, certi albi sono in primis una ricerca di immedesimazione nello sguardo della primissima infanzia, sia da parte di chi li scrive e li appronta esteticamente, sia nell’intento di quegli adulti che, a cominciare dai genitori, accompagnano, passo dopo passo, le piccole lettrici e i piccoli lettori nella scoperta terribilmente avventurosa delle prime pagine della loro vita. Il mondo in un chicco, tutto giostrato su un testo di Giuseppe Adduci, si muove per questi territori “alla ricerca del sentire perduto”, anche della letteratura per l’infanzia, e lo fa con un profluvio di colori fiammanti e forme grafiche squadrate che ricordano creazioni visive degli anni ’60, ’70 –sono le piattaforme visuali approntate ad hoc da Paola Mastalli, nella cornice finemente curata da Caissa edizioni. E se, secondo vie archetipiche, sono i protagonisti a farsi minuscoli – vedi Mignolina, Pollicino, i lillipuziani, gli Sgraffignoli di Mary Norton… o a subire magnifiche metamorfosi come nel caso di Alice – qui, su invito di una cicala e di una formica (e poco c’è da dire sugli evidenti rimandi), è il bambino, mentre sta gattonando, ossia durante le sue prime prove di esplorazione autonoma del mondo, a tuffarsi letteralmente in un chicco. Da lì in poi, con una fortissima eco di Rodari e Ci vuole un fiore, è un addentrarsi sempre più nel particolare visivo, in una ghirlanda di associazioni che si generano le une dalle altre fino a tornare concentricamente al punto di partenza. Fiore Ape Miele – le prime sono “obbligate” e più scontate - poi Dito Cielo Vento Foglio Disegno… verso creazioni più inaspettate, dove immagini e lettere si fanno giganti e il microcosmo diviene macrocosmo, ci si esprime in un “linguaggio-chicco” (da non abbandonare mai, come ricorda il bellissimo Lappin and Lapinova di Virginia Woolf) e, sempre rodarianamente, si intrecciano piccole fiabe e filastrocche… Tutte, con una felice sintesi scrive Adduci, “segnano i segni disegni sognati”.
Maria Grosso (da LiBeR 140)
Il mondo in un chicco
Giuseppe Adduci, Paola Mastalli
Caissa, 2023, 36 p.
€ 11,90 ; Età: da 1 anno
Avevo delle resistenze nei confronti del secondo romanzo di Erin Stewart. La sua prima prova, Io sono Ava, che ha inaugurato la collana Libri ribelli, l’ho trovata poco originale e avvincente, eccessivamente modellata sul bestseller Wonder: un rimando calcato anche dal progetto grafico scelto dalla casa editrice come nota di riconoscibilità dell’autrice. Ma non fatevi ingannare dall’illustrazione rassicurante di copertina che mira a far percepire il romanzo come innocuo e abbassare, come spesso accade, l’età di riferimento; non fatevi sviare dal titolo che perde la potenza dell’originale The words we keep: Il mio nome è Lily si rivolge a una fascia di lettrici e lettori Young Adult ed è, proprio come la sua protagonista, un libro percorso da un dolore latente e silenzioso, che si nutre di non detto per poi esplodere.
La protagonista, Lily, è la classica ragazza responsabile, talentuosa in ogni ambito e in particolare nella scrittura, intrappolata in una bolla di perfezione. La mamma persa da piccola, sorella di mezzo, è colei che non vuole dare preoccupazioni: l’eclettica, in famiglia, è sua sorella Alice che dopo un tentato suicidio è ricoverata con una diagnosi di disturbo bipolare. Una condizione che destabilizza tutta la famiglia. E così, Lily inizia a crollare. Unici appigli la scrittura e Micah, che ha condiviso il percorso di ricovero con la sorella. Lily troverà una via di guarigione; ma sarà difficile accettare la propria sofferenza, considerando anche lo stigma che ancora perseguita chi soffre o ha sofferto di disturbi psichici.
Il racconto in prima persona è intenso, ma proprio come la protagonista, si permette solo alla fine di essere “sopra le righe”. Significativa la minuzia con cui descrive i rapporti tra familiari, gli equilibri dei non detti, la fragilità degli adulti. Quel che vive Lily, nella sua singolarità e anche nella drammaticità, è purtroppo sin troppo vicino alla realtà di tanti ragazzi e ragazze che si sentono in dovere di recitare una parte lontana da loro stessi, in cui non c’è spazio per tentennamenti, cadute, umanità. In questo spazio finzionale i lettori potranno concedersi di vivere quel dolore che tutti, in primis noi adulti, vorremmo semplicemente non esistesse… ma che non per questo smette di esserci.
Dina Basso (da LiBeR 140)
Il mio nome è Lily
Erin Stewart;
trad. di S. Cavenaghi
Garzanti, 2023, 368 p.
(Libri ribelli)
€ 16,00 ; Età: da 14 anni
Il romanzo affonda in un genere – il western – che scompagina tendenze e abitudini dell’editoria per ragazzi e ragazze ed è una fucina di atmosfere, stilemi, personaggi che appartengono al nostro immaginario. Come ogni altro genere narrativo ben codificato, il western concede a chi legge una strana libertà. La maglia stretta degli stilemi permette di vagare fra immagini, ambienti, riferimenti senza che chi narra abbia la necessità di puntualizzare ogni elemento, ogni evento. I personaggi, i paesaggi, le vicende si delineano in pochi tratti e chiamano lettori e lettrici a colmare le lacune attingendo alla propria enciclopedia personale di immagini e topoi. Al centro della scena ci sono azione, agnizioni, misteri, duelli; gli interrogativi che avvincono noi umani – la ricerca di radici, l’amore, l’amicizia, gli affetti, il crescere, i conflitti – scorrono accanto al plot ben costruito, alla tensione narrativa, al ritmo incalzante, senza sgomitare, acquistando così in efficacia.
La narrazione è affidata, per lo più, a due voci. Roy è un ragazzo, apparentemente senza un passato, giunto bambino a Crimson City e allevato poi dalla famiglia del capostazione. Piper è una ragazza indiana che arriva inaspettata al villaggio insieme a un sedicente sceriffo federale.
La vicenda si sviluppa in un tempo breve, dieci giorni di un anno di fine ‘800, ma ha radici nel passato dei vari personaggi; i capitoli si succedono in una sequenza temporale lineare che rende compatta la narrazione
Il finale è un colpo di scena ben congegnato, ma chi legge non si sente tradito. Chi narra riesce a instillare in chi gira le pagine aspettative che non verranno soddisfatte e articola dialoghi, atmosfere, messa in scena del canone in modo da confondere e trarre in errore il lettore.
Il tutto è un’occasione interessante per uscire dalle molte narrazioni che costringono al qui e ora: in queste pagine l’aderenza al genere, la necessaria lontananza dell’azione in tempo e spazio favoriscono il lavoro interpretativo del lettore e, soprattutto, il pensiero e si finisce per essere di fronte, come diceva Tolkien, a fulmini, non a lampadine.
Nicoletta Gramantieri (da LiBeR 140)
Il grande colpo di Crimson City
Davide Morosinotto, Pierdomenico Baccalario
Salani, 2023, 217 p.
€ 14,90 ; Età: da 12 anni
Anche quest’anno le vacanze sono finite ed è arrivato il momento di tornare a casa: è esattamente questo il tempo raccontato da Fine estate, con tutto il carico di tristezza e di malinconia che porta, ogni volta. Prima di mettersi sulla via del rientro mamma, papà e figlia fanno tutti quei piccoli gesti che accompagnano e scandiscono ogni partenza: l’ultimo giro della casa, la chiusura delle valigie, delle persiane, della porta, il saluto ai vicini. E poi salgono tutti in macchina, dove il padre prova a invitare la famiglia a non scoraggiarsi. Ma è durante il viaggio che avviene la svolta: anche questa fine estate e questo ritorno a casa inizialmente sofferti e dolorosi possono trasformarsi in un momento di condivisione e gioia. Come? Basta una piccola deviazione per allungare le vacanze! Occorre, cioè, essere in grado di vedere che c’è un’altra possibilità, e coglierla al volo, e accorgersi anche che non c’è fretta, e saper prendersi ancora del tempo; del tempo per ricordare i bei momenti vissuti, ma anche per viverne altri ed essere ancora felici insieme. Fine estate è un albo illustrato sensibile e delicato, opera di due autrici e illustratrici francesi, che parla anche del tempo che passa e di come possiamo godere di “tutti i piccoli e magici momenti della vita”, come recita una delle dediche iniziali.
Un invito ad andare alla ricerca delle piccole deviazioni quotidiane che possono renderci felici. Le parole precise ed essenziali sono di Stéphanie Demasse-Pottier, bibliotecaria per ragazzi nella regione parigina e autrice di una decina di albi; mentre le illustrazioni ad acquerello, inchiostro e pittura acrilica, con i colori a macchia che escono dai bordi e lasciano intravvedere il tratto di matita sottostante, sono di Clarisse Lochmann, che ha all’attivo quattro albi illustrati (il primo del 2019) e sembra promettere molto bene.
Eléonore Grassi (da LiBeR 140)
Fine estate
Stéphanie Demasse-Pottier,
ill. di Clarisse Lochmann;
trad. di A. Florio
Piuma, 2023, 40 p.
€ 18,00 ; Età: da 5 anni