Un libro fuori dal comune uscito per Risma, una piccola casa editrice di ricerca nata nel 2020 con l’intento di fare scoprire ai lettori “inediti inaspettati o gioielli perduti, cercati nelle profondità degli abissi dell’editoria”. Con i suoi undici titoli in catalogo, Risma propone albi illustrati e romanzi che siano novità assolute o riscoperte e ha la particolarità di offrire oltre ai “libri pubblicati” anche i “libri in prevendita”, ovvero progetti editoriali in corso d’opera, non ancora arrivati alla stampa e in cerca di sostegno. All’interno di questa cornice, L'Anarchia spiegata ai bambini è una ripubblicazione di un pamphlet scritto nel 1931 da José Antonio Emmanuel, pseudonimo usato da José Ruíz Rodríguez, anarchico, filantropo, pedagogo e anima della B.A.I., Biblioteca Anarquista Internacional, storica casa editrice barcellonese dei tempi della dittatura di Primo de Rivera. Il testo è stato riscoperto e ristampato nel 2017 da Fábrica de Estampas, un collettivo grafico di artiste argentine che ha lavorato sulla parte visiva, affiancando alle storiche parole dell’autore incisioni contemporanee. Come scrivono gli editori italiani nell’introduzione: “Può sembrare strano, ma in questo libro catalano del 1931, con i suoi limiti d’età, si può trovare di nuovo la spinta a lavorare per bambini liberi e creativi”. Se infatti un certo tono e linguaggio oggi possono suonare anacronistici, se si va sotto la superficie e si arriva al cuore del libro, ci si trova davanti a un decalogo di valori non solo attuali ma sempre più necessari:
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Dieci principi anarchici di un tempo passato si trasformano in principi universali e ci fanno capire come il pensiero libertario possa aiutare i bambini di oggi, sempre più schiacciati da regole e imposizioni.
Un libro che è un invito al pensiero critico e autonomo, un inno alla libertà, alla solidarietà e all’empatia, una spinta alla ribellione e alla disobbedienza nei confronti di una società ingiusta, per costruire insieme una società più giusta per tutti.
Eléonore Grassi (da LiBeR 136)
L’anarchia spiegata ai bambini
José Antonio Emmanuel,
ill. di Fábrica de estampas;
trad. di D. Salomoni
Risma, 2022, 47 p.
€ 19,00 ; Età: da 8 anni
Il racconto, e la storia di come è nato, fa de La zuppa Lepron una fiaba a doppio fondo sull’origine della creatività, una riflessione sul processo necessario a generare qualità, si tratti di libri o piatti gourmet. Il prequel: anni fa, nel paesino austriaco di Zirl, l’autrice si imbatte nel “coniglio più bello e maestoso che mai si vide”, il signor Lepron, appunto, cuoco, “come ci tenne a specificare di persona”. Negli anni l’immagine del coniglio ritorna, finché “un giorno di quattro anni fa, la storia bussò alla porta e dichiarò di essere pronta, proprio come pronta è una zuppa”. In un intreccio sinergico di suggestioni con i disegni di Mariachiara Di Giorgio, dal tratto espressivo che riassume le sue esperienze nel cinema e nella digital art, nasce questo deliziosissimo album. La storia è quella di un lepre – raffinato arcaismo linguistico nel massimo rispetto di genere – che a ogni solstizio d’autunno, aiutato da generazioni di nipoti e pronipoti, prepara la sua straordinaria zuppa. Sulla scena di un segno morbido, di uno stile naturalistico eppure ironico, di colori caldi con giochi di luce, a volte di sospensioni oniriche, la zuppa Lepron attira nel tempo persone da tutto il mondo. Tutti vorrebbero conoscere l’ingrediente segreto che fa la ricetta così speciale. Un ingrediente misterioso però non c’è, o meglio, c’è ma non si vede, perché il lepre, dopo aver messo in pentola le verdure, fa qualcosa che di norma un cuoco non fa: si addormenta in poltrona, sogna, fino a che il piatto è pronto. Un bel mattino, compare uno stabilimento nel bosco e la produzione diventa continuativa, ventiquattro ore su ventiquattro. I sogni di Lepron, ahimè, cominciano a risentirne, diventano incubi e la zuppa perde la bontà di un tempo scontentando i clienti. Sempre con un linguaggio essenziale, originale, una narrazione in levare che diventa per i lettori esigenti lezione di scrittura, la storia arriva al lieto fine come era partita: il 21 settembre Lepron si metterà di nuovo ai fornelli, ma solo per sé e la sua grande famiglia. Nel gusto della semplicità, ritroverà le sue zuppe da sogno.
Elena Baroncini (da LiBeR 135)
La zuppa Lepron
Giovanna Zoboli;
ill. di Mariachiara Di Giorgio
TopiPittori, 2022, 44 p.
€ 20,00 ; Età: da 7 anni
Nella cornice della relazione tra un figlio e un padre, questo albo illustrato di grande formato ci accompagna in un’affascinante esplorazione del nostro modo di raggruppare, classificare e ordinare il mondo in categorie, da quelle più universali a quelle più personali. In una nota che apre il libro, Neil Packer scrive: “Organizzare le cose in categorie può spaziare dal metodo scientifico più complesso alla totale casualità e in questo libro ho fatto ricorso a tutto quello che c’è in mezzo a questi due estremi”. La classificazione risponde da sempre a un bisogno di ordine e a una ricerca di senso dell’uomo. E questo libro è un esempio visivo del fatto che tutto al mondo può essere classificato. Prendendo spunto da azioni quotidiane, si susseguono esempi diversi di classificazione: dall’albero genealogico familiare e dall’evoluzione della famiglia dei gatti si arriva al regno animale, e si passa poi alle classificazioni di strumenti musicali, mezzi di trasporto, attrezzi da officina, tipi di nuvole, edifici di una città, movimenti artistici, mele, libri, formaggi, tempo. Le classificazioni si sviluppano su grandi tavole a doppia pagina, che diventano veri e propri tesori di informazioni e dettagli da scoprire. E il libro finisce per mettere in luce come ogni classificazione, pur utile o necessaria, sia sempre arbitraria, poiché frutto del pensiero umano. “Le categorie che inventiamo non sono mai perfette. E sebbene sia utile e interessante classificare le cose, spesso è ugualmente importante non farlo. La creatività non è sempre metodica e il disordine a volte può essere bellissimo”, dichiara l’autore nella parte finale dell’albo, dedicato a un approfondimento delle diverse tavole che è anche una riflessione sulle modalità stesse delle classificazioni. Intelligente, raffinato, spiritoso e magnificamente illustrato, si tratta di un libro che giocando sulle categorie, sfugge a qualsiasi genere. Neil Packer, pluripremiato artista inglese che viene dal mondo del design e della grafica, già noto nel mondo dell’illustrazione per ragazzi britannico, si è confrontato qui per la prima volta con l’albo illustrato come autore unico. Vincitore del Bologna Ragazzi Award Non Fiction nel 2021, è stato tradotto e pubblicato quest’anno da Camelozampa.
Eléonore Grassi (da LiBeR 135)
Unico nel suo genere
Neil Packer;
trad. di S. Saorin
Camelozampa, 2022, 48 p.
(Le sinapsi)
€ 25,00 ; Età: da 6 anni
“Il non sentire empatia per gli altri, in questo consiste il Male”, dice lo psicologo che affianca il team di magistrati inquirenti del processo di Norimberga nell’omonima miniserie televisiva di Yves Simoneau, dopo aver ascoltato la testimonianza di tanti imputati nazisti. Un Male di cui si possono sperimentare diverse gradazioni, ma la cui essenza riconduce a una domanda fondamentale: com’è stato possibile che tutto questo sia potuto accadere nel cuore di una delle più colte e raffinate nazioni d’Europa? La storia di Jacqueline Van Maarsen, rielaborata per i giovani, ci restituisce un altro tassello di quel tragico periodo, attraverso una quotidianità che viene gradualmente sconvolta dalle leggi antisemite. Jacqueline vive una vita apparentemente tranquilla fino a quando la parola antisemitismo non comincia a serpeggiare minacciosa nei discorsi di famiglia. Alle difficoltà di lavoro dei genitori seguono a pioggia le discriminazioni che cancellano gli ebrei dalla società civile: i divieti di frequentare gli spazi pubblici, la perdita degli amici, l’espulsione dalla scuola, gli arresti indiscriminati e le deportazioni. In questo drammatico percorso, avviene l’incontro con quella che diventerà la sua “migliore” amica, Anne Frank. Non possono essere più diverse, Anne e Jacqueline – determinata ed esuberante l’una, quanto timida e riservata l’altra – ma è proprio questa loro complementarietà a gettare le basi di un’amicizia istintiva che restituisce loro un po’ di normalità nonostante gli spazi di libertà si vadano sempre più comprimendo. Un’amicizia interrotta bruscamente dalla scoperta, il 6 luglio 1942, della scomparsa di Anne e della presunta fuga della famiglia Frank in Svizzera. La storia di Jacqueline corre parallela a quella di Anne, senza esaurirsi nella testimonianza della loro amicizia, fino alla scoperta, alla fine della guerra, della lettera, mai recapitata, nella quale Anne le esprime la struggente speranza che sarebbero rimaste per sempre “migliori” amiche. Una storia che non ha la potenza letteraria del famoso Diario scritto da Anne nel suo alloggio segreto, ma che salva un altro importante frammento di vita e di Storia sotto l’occupazione nazista. E che ci restituisce un’altra gradazione del Male.
Gabriela Zucchini (da LiBeR 135)
La tua migliore amica Anne
Jacqueline Van Maarsen;
trad. di A. Patrucco Becchi
San Paolo, 2022, 190 p.
(Narrativa San Paolo ragazzi)
€ 16,00 ; Età: da 12 anni
Truman è un tartarughino domestico che vive in un appartamento di città, coccolato e accudito da Sara. Ma oggi la bambina ha preso un enorme zaino, gli ha lasciato due fagiolini in più nel piatto e gli ha sussurrato: “Coraggio: fai il bravo”. Poi è salita sull’autobus 11 ed è sparita chissà dove. E ora Truman attende disperato il suo ritorno. Si sente solo e impaurito. A un certo punto non ce la fa più ad aspettare e decide di raggiungerla. Tira fuori tutta l’audacia e la determinazione di cui è capace e inizia il viaggio più avventuroso che abbia mai osato intraprendere. Lo vediamo scavalcare la vaschetta, oltrepassare il bracciolo del divano, sormontare un cuscino, scivolare sopra uno stivale, spostarsi con fatica lungo l’enorme tappeto rosa. Oltre la finestra il sole è tramontato, ma ci rendiamo conto che la mèta è ancora lontana… avrà percorso a mala pena tre metri dal punto di partenza! Finalmente una luce proveniente dalla porta d’ingresso preannuncia il rientro della sua amica a casa: la paura è finita. E lei lo sta riempiendo di complimenti e attenzioni. Fiero della sua impresa, Truman è pronto a riprendere posto nella sua confortevole dimora accanto al davanzale. Ignaro che quello appena trascorso è stato un giorno importante anche per Sara: il suo primo giorno di scuola.
Metafora divertente e originale del sentirsi piccoli, maldestri e mai all’altezza della situazione, condizione tipica dell’infanzia, la storia di Truman racconta anche la spinta a superare i propri limiti, che viene da una motivazione fortissima, come la mancanza di un affetto caro, il timore di essere stati abbandonati, la preoccupazione che sia successo qualcosa di brutto. Esprime bene il senso di smarrimento provato da un cucciolo, quando la sua “mamma” si allontana, e allo stesso tempo l’orgoglio di essersela in qualche modo cavata. Calde ed espressive, le illustrazioni di Lucy Ruth Cummins hanno il pregio di rendere la narrazione movimentata e divertente grazie ai frequenti cambi di prospettiva e a una sequenza delle scene quasi cinematografica. Un libro avventuroso e tenero da leggere con pathos, mettendosi con convinzione nei panni, o meglio, nel guscio di Truman.
Francesca Tamberlani (da LiBeR 135)
Truman
Jean Reidy,
ill. di Lucy Ruth Cummins;
trad. di S. Marconi
Lapis, 2022, 48 p.
€ 15,00 ; Età: da 3 anni
L’indagine sulla paura e la letteratura per l’infanzia sono da sempre e per fortuna inseparabili. Sia dal punto di vista della narrazione sia da quello della riflessione critica. Non starò quindi a discettarne. La questione è invece capire come sia possibile abbracciare forme se non nuove, ancora infinitamente ricche di quel sottile nutrimento essenziale per l’evoluzione umana, che attiene al mistero perturbante dell’anima e del mondo. In questa direzione, l’idea che presiede la collana 147 Mostro che parla! 7 mostri per 21 regioni italiane – un progetto edito da Telos e curato da Teresa Porcella – si rivolge alla tasca immane delle storie e delle leggende germinate nelle differenti aree del nostro Paese, un patrimonio fertilissimo di suggestioni e personaggi, portatori non solo di terrore ma anche di humor, intelligenza e alleviante surreale catarsi. Il solco è quello delle Fiabe italiane di Calvino o di un classico come Il libro dei Babau, firmato da Francesca Lazzarato e Nicoletta Costa; l’intento, quello di non far spegnere una memoria antropologica preziosissima e tutt’altro che obsoleta; la cifra della collana, quella di rivolgersi a scrittrici e scrittori, illustratrici e illustratori provenienti da quella specifica regione, dunque di tessere un dialogo tra i ricordi infantili, il libro e il vissuto di lettori e lettrici contemporanei. Con Spettri, streghe, Mazapègul e altri esseri fantastici dell’Emilia Romagna è la volta di Elisa Rocchi per i testi e di Marianna Balducci per la convincente trama grafico-visuale del volume. Sfilano così un Mazapègul, folletto metà gatto e metà scimmiotto, una Lumèta, anima di una defunta, una Palpastriga, spettro che fagocita i pregi delle sue vittime, un Foionco, uccello avido di Lambrusco, un Mostro della nebbia – così familiare in quelle zone – un Rêgan, un drago dei temporali, e infine una Dama bianca, fantasma di una donna assassinata. A ogni micro-racconto (i più evocativi Il riparo delle storie e Incubi di nebbia), seguono poi gustose pagine con una sorta di “curriculum” della creatura in questione, con tanto di motti popolari in dialetto, nonché di fondamentali suggerimenti su come renderla inoffensiva
Maria Grosso (da LiBeR 135)
Spettri, streghe, Mazapègul e altri esseri fantastici dell'Emilia Romagna
Elisa Rocchi,
ill. di Marianna Balducci
Telos, 2022, 80 p.
(147 mostro che parla!)
€14,00 ; Età: da 7 anni
La forza di un libro è spesso nel personaggio. È in un personaggio ben costruito che una trama già sentita può rinnovarsi del tutto. Proprio il personaggio di Vincent è il primo punto di forza di questo romanzo: il suo punto di vista, i suoi pensieri, i suoi dialoghi immaginari, le sue emozioni sono il centro esatto di tutta storia, la sua vera bellezza. Vincent è vittima dei bulli della scuola, come altri personaggi della letteratura per ragazzi prima di lui, ma è anche unico, come ogni nuovo amico che incontriamo e resta nel cuore del lettore con la sua identità precisa. È un ragazzino timido e solitario, ma ha un’immaginazione vivace e una serie di amici immaginari, in forma di animaletti con uno spiccato senso dell’umorismo, con i quali intesse continui dialoghi attorno alle sue paure e alle sue strategie per affrontarle.
Vincent ha due genitori distratti, che non vuole allarmare raccontando dei problemi a scuola, e una babysitter che è la sua unica vera confidente. Soprattutto ha una grande passione per un manuale di sopravvivenza a cui si affida per affrontare il mondo.
Dilan e la sua banda di prepotenti a scuola lo vessano e lo tormentano senza un reale perché. Le dinamiche con cui all’improvviso Vincent si trasforma in vittima sono fotografate con precisione senza però cercare giustificazioni.
Vincent esce di casa solo con il suo kit di sopravvivenza sempre con sé e sopporta gli scherzi, le prese in giro e la violenza, sopporta gli adulti che non vedono e non capiscono. Ma la chiave della sua sopportazione è il tempo: può resistere ai bulli finché deve avere a che fare con loro per alcune ore al giorno.
Quando conosciamo il protagonista, all’inizio del romanzo, sta già contando alla rovescia i giorni che mancano alla gita scolastica. Andrà in campeggio con la sua classe e il campeggio, con la convivenza forzata giorno e notte, è chiaramente troppo.
Per questo si prepara fuggire dal campo scuola e a sopravvivere da solo nei boschi. A scuola, però, arriva Jasmijn, una ragazzina forte e anticonformista e con il suo arrivo tutti gli equilibri delle relazioni saltano, tutto il mondo di Vincent può cambiare. Un bellissimo libro anche dal punto di vista grafico grazie alla veste illustrata tutta in nero e verde da Maartje Kuiper.
Alice Bigli (da LiBeR 135)
Sono Vincent e non ho paura
Enne Koens,
ill. di Maartje Kuiper;
trad. di O. Amagliani
Camelozampa, 2022, 200 p.
(I peli di gatto)
€ 15,90 ; Età: da 10 anni
Chris ormai è adulto: ha 20 anni, lavora come portiere e come tuttofare, abita con Clohé e sta per diventare padre. Entrambi sono consapevoli di essere “un po’ in ritardo con la testa” e determinati a vivere pienamente la propria vita. Semplicemente due (in originale Au carrefour) di Jean-François Sénéchal è il secondo capitolo dopo Semplice la felicità (Le boulevard) in cui il protagonista, abbandonato dalla madre appena maggiorenne, aveva costruito il proprio mondo lungo “una strada” che lo ha portato a “incrociare” tanti amici, l’amore, quello vero, ed infine, il padre mai conosciuto. Con linguaggio e sintassi semplici, pari a quelli del protagonista che è anche il narratore, questa è una storia ottimista che si rivolge in prima persona proprio a quella madre fuggita, per offrirle un posto in quella sua nuova stabilità, in un ribaltamento di ruoli fra genitori e figli. “Ho pensato a tutte le cose che potremmo fare insieme, mamma. Ho pensato a tutta la vita che possiamo ancora vivere". Questo non è un romanzo sulla disabilità, ma ha il pregio (collaterale a quello di essere una Bella Storia, punto e basta) di aiutarci a comprendere la quotidianità e i pensieri di chi la disabilità la vive. Chris e Clohé si innamorano, cercano la propria indipendenza, litigano, fanno sesso, provano desiderio, gelosia, senso di colpa, e intanto riflettono sull’aspetto fisico, sulla morte, sulla guerra, sull’omosessualità, su quanto sia pesante la combinazione maternità e lavoro (e sui pregiudizi che ci girano attorno), sulla discriminazione nei confronti dei disabili che dovrebbero poter fare anche gli attori “così le persone normali saprebbero che sappiamo fare tutto”. EDT-Giralangolo racconta spesso e bene condizioni difficili da avvicinare, anche se in questo caso i titoli della versione italiana di entrambi gli episodi stravolgono il senso del “percorso” presente negli originali per una storia in cui il viaggio ha un ruolo chiave: ci si mette on the road per paura, per frustrazione, per salvarsi, per ritrovare qualcuno, per costruire un rapporto padre figlio e poi si torna a casa, in due perché “la libertà sembra una cosa barbosa e stupida perché per lei, alla fine, le persone si ritrovano sole.”
Serena Marradi (da LiBeR 135)
Semplicemente due
Jean-François Sénéchal;
trad. di C. Turla
EDT-Giralangolo, 2022, 261 p.
€ 14,00 € ; Età: da 12 anni
Leggendo Lauren Wolk si ha sempre l’impressione di immergersi nell’essenziale. Le vicende che narra abbracciano l’universale e lo fanno come tutta la grande letteratura: fornendo un accesso alla conoscenza che è determinato dalla forma specifica di questa arte. Innanzitutto la Wolk è una capace costruttrice di atmosfere. I dettagli quotidiani, le sinestesie, il resoconto minuzioso dei gesti concorrono a provocare in chi legge un’immersione felice nella lettura e nella storia. Prova ne è l’incipit di questo romanzo: un incontro immediato con la vita, con la morte, con la rinascita, evocato dal corpo di un cucciolo che sembra essere nato morto. Questo incipit, come le vicende, le azioni, i pensieri narrati sono illuminati da un respiro ampio. Che è un po’ il respiro della Storia, il riferimento alla crisi del ’29 che ha costretto la famiglia di Ellie a lasciare la città per le montagne del Maine, ma anche l’andare continuo a un immaginario in cui si intrecciano il fantastico, il fiabesco, i segreti familiari, l’avventura e le necessità della sopravvivenza. Il plot è ben costruito e la tensione narrativa è giocata sulla presenza di segreti, reticenze, misteri. Chi legge può contare sulle anticipazioni date da chi narra, immaginare sviluppi e continuare a sfogliare le pagine alla ricerca delle risposte.
La voce narrante della protagonista riporta fatti, pensieri, emozioni, sentimenti, senza cedere al sentimentalismo e all’emotività esposta. Le frasi di cui è fatta la narrazione sono sovente brevi, spezzate, e questo rende spessore a ogni singolo enunciato.
La complessità dei personaggi è resa attraverso lo sguardo e i pensieri della protagonista e attraverso le azioni e i dialoghi; l’articolarsi difficile dei rapporti lo raccontano eventi e vicende. Non ci sono buoni o cattivi, solo un’umanità spaesata dal rapporto quotidiano con le asperità della natura, dalle necessità della sopravvivenza, dall’intrico di affetti e ispirazioni; leggendo si finisce per amare non solo Ellie, ma anche la scontrosa tristezza della madre, lo scontento della sorella, gli slanci del ragazzo misterioso che lascia in dono figure intagliate nel legno, l’aspetto ripugnante della strega che vive in cima alla montagna, il silenzio immobile del padre.
Nicoletta Gramantieri (da LiBeR 135)
La ragazza dell'eco
Lauren Wolk;
trad. di A. Peroni
Salani, 2022, 400 p.
€ 16,90 ; Età: da 12 anni
L’autrice, di solito, “traduce”. Trova le parole giuste per farsi intendere. Nel senso che le cerca, le parole, le corteggia, le incoraggia, perché siano proprio loro e solo loro a determinare il verso di un cammino, a farsi il tramite di un’anima. Si comporta così anche in queste pagine dove invece "scrive". Si chiama Stella, la creatura voce di se stessa nel racconto. È una ragazzina di imminente pubertà. Ama l’arte, intesa come passione che coltiva attraverso le opere altrui, cercando Monet su internet, macerandosi con Ligabue nell’avvertita affinità, perdendosi letteralmente al museo di arte contemporanea. E cimentandosi personalmente. Anche se non sono disponibili sulla pagina, i suoi disegni, vividi di parole, si rendono visibili nel fondale marino disegnato sulle pareti della sua camera, come nell’inseparabile quadernetto pronto a raccogliere la sua ispirazione. È quell’immersione nelle forme e nei colori degli animali dipinti, soggetti elettivi, che le ridona il respiro, sottratto all’affanno del sentirsi diversa, afflitta da una malformazione a una mano. La sua mano “pinna”, accuratamente nascosta nella tasca, ma risaputa a casa come a scuola. Su quella mano speculano gli altri e Stella si dispera da sola.
A fronteggiare famigliari un po’ gretti e feroci compagni di scuola, dediti a una sfrenata caccia al diverso, compare, come miracolo, nel giardino condominiale dove ha casa la ragazzina, un oggetto all'apparenza banale. È “la panchina delle cose difficili” che diventa zona franca, approdo, isola per naufraghi della vita. Lì si ritrovano Stella ed Emil, i giovani ritrosi che hanno sogni e illusioni e Agatina e Jerry, i meno giovani, senza sogni e con rimpianti lontani. Amici. Su quella panchina Stella penserà di essere finalmente come gli altri, nascondendo la mano. Su quella panchina si dispererà smascherando la mano. E ancora, su quella panchina si pacificherà adoperando la mano. Un romanzo d’anima, di sensibilità acuita dal dolore, di riscatto privato e infine di palese riconoscimento. Ma anche uno sguardo d’intorno, in cui ironia, amarezza, sconforto si stemperano nella parola appropriata, nella sfumatura luminosa, nella piccolissima speranza avanzata dal concetto più profondo. In una “traduzione” perfetta di sé.
Rosella Picech (da LiBeR 135)
La panchina delle cose difficili
Linda Traversi
Einaudi Ragazzi, 2022, 317 p.
€ 15,50 ; Età: da 13 anni
C’è una parte in ciascuno di noi, spesso nascosta, che a volte riaffiora e ci fa comprendere che siamo “animali umani”: chiarire cosa significhi è il tema di questo album illustrato, suggerito anche dal titolo originale, We are human animals. Scritto e disegnato da Rosie Haine, londinese con un passato di studi antropologici, il libro condensa in poche avvincenti pagine le tappe fondamentali dell’evoluzione umana sollecitando una riflessione su quanto di primitivo, istintivo, animale è rimasto in ogni persona e su come questo sia il retaggio di un passato lontano in cui l’uomo viveva sulla terra connesso con il mondo che lo circondava. Ma torniamo al libro. Anzi alla sua premessa, svelata nella seconda di copertina da una serie di ritratti a mezzo busto di donne, uomini, ragazzi e bambini, che provengono da ogni parte del mondo e da civiltà del passato: sono nudi o indossano abiti e manufatti di tempi lontani. Da questo incipit ha inizio la storia. Poche frasi e lievi illustrazioni a tutta pagina ci accompagnano in una natura selvaggia, dominata dagli animali. Qui gli uomini vivono seguendo il calendario delle stagioni. Usano le mani per fabbricare abiti, utensili, armi. Raccolgono ciò che mangiano. Cacciano alcuni animali, ne venerano altri. La notte sono guidati dalle stelle e amano stare insieme.
Poi il mondo è cambiato. Una nuova illustrazione mostra un padre, un cane e una figlia in un bosco; in lontananza un aeroplano, un’auto, un traliccio della luce. Anche gli uomini sono cambiati, ma portano sempre dentro di sé il retaggio del passato ancestrale. È questo il senso dell’illustrazione finale che mostra un gruppo di persone intorno a un falò a riscaldarsi e gioire della presenza reciproca. Così come i ritratti a mezzo busto raffigurati nella terza di copertina. Sono le stesse persone che hanno aperto il libro calate nella contemporaneità. Come afferma l’autrice nella conclusione del libro “oggi abbiamo gli aeroplani, i cellulari e i viaggi nello spazio, ma le nostre emozioni, i nostri corpi, la nostra mente sono a misura di quel tempo lontano”. Dovremmo tenerlo bene in testa fin da piccoli. Per questo conviene avere a portata di mano questo strumento di conoscenza molto prezioso.
Francesca Brunetti (da LiBeR 135)
Noi animali umani
di Rosie Haine;
trad. di B. Lazzaro
Donzelli, 2022, 48 p.
€ 21,00 ; Età: da 4 anni
Mostraci chi sei è l’opera seconda di Elle McNicoll; anche il suo primo romanzo, Una specie di scintilla, era stato pubblicato da Uovonero. La giovane autrice scozzese, neurodivergente, prosegue nel suo intento di dare voce a personaggi che, come lei, hanno un funzionamento cognitivo non tipico, in modo che i lettori possano avvicinarsi a questa realtà, liberandola da stereotipi e false convinzioni. La protagonista di questa storia ha dodici anni, si chiama Cora e da un anno ha perso la madre a causa di una grave malattia. Suo fratello maggiore, Gregor, lavora al Melograno, un istituto che si occupa di Intelligenza Artificiale. Una sera, a una festa dell’azienda, Cora incontra Adrien, il figlio del titolare e tra i due ragazzi nasce un’amicizia spontanea quanto intensa. Cora e Adrien sanno trovare i legami che uniscono le loro due storie al di là delle differenze sociali e quotidiane. Se è vero che Adrien è molto ricco e Cora vive in un quartiere popolare, è altrettanto vero che entrambi hanno sperimentato su di sé che cosa significhi essere diversi. Il ragazzo ha la sindrome ADHD e ha lasciato la scuola per quegli episodi di violenza psicologica, da parte di compagni e adulti, contro i quali Cora continua invece a battersi ogni mattina. L’amicizia tra i due porterà Cora a conoscere il vero oggetto di interesse dell’azienda, ovvero la creazione di ologrammi a scopo ricreativo, per far vivere a tutti la possibilità di trascorrere alcuni momenti con le proprie star preferite o con i cari che non ci sono più. Al di là dell’aura da benefattori, però, gli ingegneri del Melograno nascondono intenti molto meno nobili e l’attenzione che mostrano verso la giovanissima Cora è tutt’altro che disinteressata: ci vorranno l’amicizia di Adrien e una buona dose di coraggio per sottrarsi al pericolo, attraverso una serie di colpi di scena. Perché Cora e Adrien l’hanno capito: sarà un momento oscuro quello in cui affideremo alla tecnologia il compito di decidere chi è giusto e chi è sbagliato.
Matteo Biagi (da LiBeR 135)
Mostraci chi sei
Elle McNicoll;
trad. di S. Bandirali
Uovonero, 2022, 329 p.
(I geoidi)
€ 16,00 ; Età: da 11 anni
Si presenta dalle prime immagini come un albo che riecheggia l’etica del lavoro, esalta l’operosità, coglie l’uomo nella coazione a edificare per adattare la città alle proprie, sempre più stringenti, necessità: in questo albo di Sgaldramuni e Volpiano ci troviamo in Italia nel ‘69, eppure l’architettura spinge il nostro immaginario visivo sino alle periferie industriali di una pellicola di Ken Loach. “Mio zio Guido io l’ho sempre visto fare il muratore”, ci avvisa il narratore bambino, che nel tragitto verso scuola vede l’uomo al cantiere tirar su case come funghi. Guido è uno e cento nel ponteggio e si dedica al suo mestiere con abnegazione, non gioca mai a pallone, non si concede un bagno in mare: costruisce le case degli altri. Finché la narrazione subisce un’improvvisa sterzata: il motivo realista impatta nel surreale in un crescendo apocalittico e il lettore ne è spiazzato. Perché Guido pensa mentre posa i mattoni e nella sua immaginazione vi è una donna ingorda che diventa sua moglie e che assume dimensioni sempre più esagerate. è una “riempitrice di case”, che accumula oggetti e richiede abitazioni sempre più grandi. Guido provvede a costruirle via via che queste esplodono, una dietro l’altra, tagliando alberi e riempiendo di cemento fiumi e laghi. Le esplosioni spargono detriti nell’universo e frigoriferi, lavatrici e vestiti, insieme a Guido e a sua moglie sono al centro dei satelliti che orbitano loro intorno. Non c’è salvezza né redenzione, infine, ma un sogno che diventa un incubo nell’euforia distruttiva e consumistica (come non ricordare la coppia de Le cose di Perec e l’esplosione della casa in Zabrieskie Point?).
Ma i buoni libri, quelli che sollecitano la riflessione ai diversi livelli, sono sempre suscettibili di molte letture. Qui si può parlare di alienazione e di ecologia, ma anche sorprendersi dell’effetto comico di un’enorme Alice (la pretenziosa moglie) che intorno a sé non ha carte da gioco ma mattoni di terracotta, oppure giocare ai molteplici riferimenti culturali, o più semplicemente godere delle splendide illustrazioni iperrealiste e chiedersi se davvero Guido evade da una condizione di ineluttabilità o se tutto quel che accade non è che l’effetto della prodigiosa fantasia di un bambino.
Chiara Lepri (da LiBeR 135)
Mio zio Guido fa il muratore
Sgaldramuni,
ill. di Irene Volpiano
Orecchio Acerbo, 2022, 32 p.
€ 17,00 ; Età: da 7 anni
In Bompiani prende forma sempre più nettamente un catalogo rivolto (anche) ai giovani lettori: Beatrice Masini sta accostando generi, geografie e voci eterogenee, sempre connotate da una scrittura di spessore. E la scelta di scommettere sull’opera prima di una giovane autrice e illustratrice non è passata inosservata: Miss Dicembre e il Clan di Luna di Antonia Murgo ha vinto il Premio Strega Ragazzi e Ragazze come miglior libro d’esordio. In un tempo sospeso, che ricorda una Londra vittoriana, la giovane Miss Dicembre, ex acrobata, non riesce a trovare un’occupazione stabile: pare che la ragazza non sia accompagnata da alcun talento. Un giorno su un brandello di carta di giornale legge un “Cercasi bambinaia” e l’indirizzo di Mr. Moonro. Il colloquio è disastroso ma viene assunta ugualmente: unico merito la sua agilità, utile per correre dietro al bambino che, letteralmente, “si fa di nebbia”. Mr. Moonro è infatti l’Uomo Nero e suo figlio Corvin è destinato a raccogliere l’eredità del padre: i suoi poteri incendiari gli permettono di tramutarsi in fumo, ma la giovanissima età e il carattere dispettoso non aiutano a governarli. È di Dicembre, quindi, il compito di non perderlo mai di vista e riportarlo alla forma umana grazie ad alcuni preziosi attrezzi da camino. Corvin rifiuta la presenza della bambinaia, ma capirà che l’affetto di Miss Dicembre è autentico: sarà lei a difenderlo quando sarà in pericolo, e non solo... Una trama cesellata, molto, ma una scrittura che lascia spazio per immaginare: la Murgo orchestra la narrazione come un’animazione in stop-motion, in cui c'è sempre un brevissimo tempo sospeso da riempire tra un fotogramma e l’altro. Sono i gesti, gli sguardi, le posture a parlare: e dà loro voce con una scrittura tutt’altro che povera, che è un vero piacere e anche una piccola rivelazione per l’equilibrio che mantiene – a cavallo tra la saga fantasy contemporanea e il racconto fantastico francese ottocentesco. Perfetto per muovere i primi passi nella narrativa di genere: d’altronde la figura stessa dell’Uomo Nero, che qui ha il ruolo del cattivo ma una natura gentile, personifica proprio la possibilità di sperimentare la paura, sì, ma nello spazio protetto del racconto, della letteratura.
Dina Basso (da LiBeR 135)
Miss Dicembre e il Clan di Luna
Antonia Murgo
Bompiani, 2022, 224 p.
€ 15,00 ; Età: da 8 anni
Le favole esistono ancora. Nella favola L’indovinello della tigre esiste la possibilità per l’uomo di farsi spettatore di se stesso e di osservare nella scena del racconto il proprio ruolo affidato ad altre creature, quale specchio del proprio comportamento. Questo è la funzione che hanno avuto i capolavori tramandati per secoli, del cui genere siamo ancora alla ricerca per rinnovare il dialogo con l’umanità. La perugina Edizioni Corsare ha presentato questa novità editoriale firmata dal talentuoso Fabian Negrin, qui traghettatore di lettori verso il lido della favola. Attorno a questo racconto si apre lo sguardo che da sempre l’essere umano rivolge a se stesso. L’autore sceglie un animale selvaggio, un felino, per rappresentare l’aggressività, l’astuzia, la sensualità e la prepotenza; e sceglie animali pavidi, gregari per antonomasia per rappresentare l’omologazione, le debolezze. Negrin narra di una tigre che si affaccia all’entrata di una miniera dove stanno al riparo le pecore; la tigre non riesce a varcare la stretta soglia, perciò fa ricorso alla persuasione e all’inganno. Con un indovinello incuriosisce le pecore, le attira fuori dalla miniera tutte, una ad una, e le divora. Il ritmo lineare del racconto viene spezzato da un finale a sorpresa, in quanto anche l’ingannatrice verrà a sua volta ingannata. Il punto di forza di questa narrazione ruota attorno all’indovinello, un gioco antico che muove la sfida, la curiosità. Qui, però, la proiezione positiva della lotta viene ribaltata perché lo sfidante non si confronta tra pari, ma con esseri più deboli, non rispetta i patti e imbroglia, come avviene nelle forme sociali più evolute, quelle edificate dall’uomo. L’indovinello della tigre è un libro cristallino nelle immagini e nella scrittura. La nitidezza del linguaggio è calibrata sulla potenza del messaggio, mentre le scene, su tavole monocromatiche, sono spogliate di ogni superfluo e caratterizzate dal tratto delicato, ma preciso, dell’acquerello. Come in tutte le favole che si conoscono, si fa strada la visione positiva di un incontro – con se stessi, con gli Altri – che invita alla riflessione, che dedica del tempo alla storia dell’umanità.
Adolfina De Marco (da LiBeR 135)
L’indovinello della tigre
Fabian Negrin
Edizioni Corsare, 2022, 72 p.
€ 18,00 ; Età: da 5 anni