Peter H. Reynolds; trad. di L. Battistutta
Ape Edizioni, 2006, p. 24
€ 12,00 ; Età: da 6 anni
Con il suo bel tratto sintetico, fumettistico e spiritoso, Reynolds ha scritto e illustrato un albo semplice su un argomento complesso, cioè il tempo. Gli adulti ripetono continuamente che non hanno tempo, che hanno fretta, che hanno molte cose da fare e che per questo ora devono andare, che c’è una lista della spesa, un calendario degli appuntamenti, un insieme di orari e cose che va organizzato. I bambini vanno incastonati nel tempo degli adulti come ciondoli preziosi, dotati di una loro ristretta autonomia, ma per solito saldamente ancorati a tabelle di marcia compilate senza di loro. Alcuni bambini sono troppo impegnati, svolgono diverse attività extrascolastiche, ricreative, sportive, educative, variamente istruttive. Gli adulti sono pronti a spiegare che il tempo si gestisce, si divide, è un contenitore non infinito (ma dilatabile) in cui prima di tutto bisogna mettere ciò che si deve fare, ciò che è obbligatorio, perché fondamentale, poi ciò che è utile, ciò che risulterà poi utile, e via dicendo. Ci sono addirittura i manuali (per gli adulti) su come gestire il tempo. Però, mentre si parla a scuola di tempo-storia, cioè di millenni e secoli, molto più raramente si parla del tempo quotidiano, come contenitore, come qualcosa che si può riempire ma si può anche svuotare, oppure riempire di sostanza diversa, magari, come dice il titolo, di un tempo per sognare, per pensare, per divagare con la mente. Un tempo dell’ozio di cui poi parlano (adulti ad altri adulti) psicologi e psichiatri come spazio fondamentale della psiche, come luogo necessario perché la materia psichica possa defluire e fluire in forme che la esprimano, possa essere lavorata e compresa e costituire riserva energetica e non impedimento. Allora l’esercizio zen dello svuotamento del tempo assume una forma per noi occidentali più comprensibile, la lentezza degli scrittori, il tempo dei perditempo che tutti conosciamo, che magari frequentiamo nel tempo forzato di attesa a un semaforo, per poi ricacciarlo nei tempi prestabiliti (ma ce ne sono? Le vacanze?) e tornare a rimpiangerlo come un lusso stratosferico. Utile, invece, raccontare ai bambini che quel tempo è fondamentale. Bella, la storia di Teo che si fa letteralmente in quattro, prima in due e poi via via fino in otto e dieci, per aiutare se stesso, alle prese con una sempre più lunga lista delle cose da fare. Scopre anche così che se si è di più non solo ci si aiuta, ma si ha bisogno di più cose. Allora, il lavoro è imprescindibile, la fatica, l’impegno anche, però nella lista delle cose da fare, per nessuna ragione al mondo, si può togliere la voce “tempo per sognare”. Teo torna a essere uno, può riflettere tra sé e sé “d’ora in poi farò meno cose, ma farò del mio meglio”.
M. Terrusi
(da LiBeR 73)