Matthew Skelton; trad. di F. Paracchini
Mondadori, 2006, p. 362
€ 16,00: Età: da 12 anni
Più che un fantasy vero e proprio si tratta di un mistery in cui agiscono elementi e forze soprannaturali. Fa venire in mente un recente horror per adulti a cui forse Skelton si è ispirato, Il discepolo di Elizabeth Kostova (Mondadori, 2005), un biblio-thriller, come Il nome della rosa, nel quale gli eventi ruotano intorno a un antichissimo volume dalle pagine completamente bianche a eccezione di quelle centrali raffiguranti un drago. Il libro del drago alterna con un montaggio quasi cinematografico vicende ambientate oggi in un collegio di Oxford ad altre che si svolgono a Magonza nel 1452, intorno a Gutenberg e alla sua straordinaria invenzione, e che di quelle rappresentano l'indispensabile antefatto, protagonisti due giovani coetanei separati da più di 550 anni.
Il dodicenne Blake vive una crisi adolescenziale perché teme che i genitori si separino, e contemporaneamente un'avventura piena di misteri e pericoli che si intreccia con la storia della stampa e con la leggenda di Faust. Nella biblioteca di Oxford, dove la madre conduce delle ricerche e che somiglia alla Biblioteca di Babele di Borges, il ragazzo più che scegliere "è scelto" da un libro che si attacca alle sue dita e che secoli prima è stato portato lì da un giovane apprendista di Gutenberg per metterlo in salvo dall'avidità di uomini senza scrupoli. E un libro dalle pagine bianche, fatto con pelle di drago, che reca tutta la conoscenza del mondo e può dare al possessore tutto il potere. Si scatenano così società segrete accademiche di bibliofili e bibliomani assetati di libri e di sangue (come il Dracula del Discepolo) e disposti a tutto, anche all'assassinio, pur di entrare in possesso dell'Ultimo Libro, quello che contiene ogni sapere e potere.
Il romanzo ha un fascino notevole nel far correre parallelamente avventure e vicende storiche o leggendarie, con misteri e segreti, crimini e indagini collocati nei giorni nostri, anche se il finale appare tirato via un po' alla buona, come se l'autore non avesse saputo infine annodare in maniera coerente e convincente i fili di una storia peraltro intricata e intrigante. Che si regge fondamentalmente su una metafora: diventiamo lettori non perché scegliamo un libro, ma perché il "libro giusto" ci viene incontro, ci sceglie e ci prende.
F. Rotondo
(da LiBeR 72)