È il ritorno di una voce di bambina, spietatamente fedele alla sua logica, fragile, notturna, perturbante: “Tutti insieme, eravamo le migliaia di frasi di grande libro. Quello che la Lega voleva era ridurci a una pagina sola…”. Oppure: “Lasciare che gli adulti decidano da soli del nostro avvenire finisce sempre in una catastrofe”. O: “Indipendentemente dall’epoca storica, i ragazzi sono degli idioti”. “Sono pacifista e non violenta, ma non è una ragione per lasciarmi calpestare senza reagire”. Sarebbero molte altre le folgorazioni da citare in Siamo tutti dei propagatori, ultimo atto della trilogia La Lega degli Autodafé di Marine Carteron.
Un tracciato intrapreso – lo racconta in calce l’autrice – dal suo sentire di dover narrare una apocalisse interiore che si sarebbe rivelata come la spia di una apocalisse umanitaria. Era il 2013 e nell’incipit di Mio fratello è un custode, primo romanzo della serie, Gus – uno dei due protagonisti – riceveva la notizia dell’uccisione del padre. Da questa voragine emergeva la lotta secolare ingaggiata dalla “Confraternita”, di cui l’uomo aveva fatto parte, e il suo opporsi ai piani ahimè più che verosimili della Lega: annientare la cultura e la memoria del mondo. Accanto a Gus, adolescente che scopre l’avventura e i primi batticuori con autoironia, anche in Siamo tutti dei propagatori ritroviamo la staffetta di narrazioni in prima persona con la sorella più piccola Césarine (e con il diario di lei). Sua la voce di cui sopra. Ne scrissi a proposito di Mia sorella è una guerriera artistica e qui il suo incanto caustico, a squadernare cliché sull’autismo, si è ripetuto. Se in questo finale la Lega sferra insetti geneticamente modificati contro le biblioteche e oscura internet; se la banda di Gus e dei suoi – due nerd e due geniali ragazzine – lasciati gli adulti sullo sfondo, si dà alla ricerca del “libro che non può essere letto”, a ritroso per 24 secoli, tra Ritorno al futuro, Fahrenheit 451 e 1984 cent’anni dopo, dipanando il filo della solidarietà e quello, riuscitissimo, dei rapporti di genere, Césarine va oltre. Accanto alla passione per L’arte della guerra, scopre quella per Bach. E se di fronte al tritacarne violento della tv sta per “annegare nella sua storia”, comprende però che l’amore che sfugge alla logica a lei tanto cara, non può esserci sottratto – così come le opere eterne della cultura – finché ne siamo propagatori.
Maria Grosso (da LiBeR 124)
Siamo tutti dei propagatori
Marine Carteron;
trad. di S. Bandirali
(I geodi)
Uovonero, 2019, 327 p.
€ 15,00 ; Età: da 11 anni